Sintesi

È possibile raffreddare l’inflazione senza congelare la crescita? Le banche centrali tentano di rispondere al dilemma in una fase in cui gli investitori si interrogano circa gli sviluppi da qui a fine anno e le prospettive future. Ci aspettiamo un netto rallentamento economico e riteniamo probabile una recessione negli USA. Scopri le opinioni dei nostri CIO Globali circa l’andamento delle diverse asset class da qui a fine 2022.

  • Inflazione, rialzi dei tassi, conflitti geopolitici e Covid-19 sono solo alcuni dei molteplici fattori che pesano sull’economia mondiale.
  • Anche l’attuale frammentazione del “villaggio globale” frena la crescita, ma al contempo fa nascere nuove partnership e alleanze
  • A nostro avviso, malgrado il netto aumento dei rischi di recessione negli USA, nel periodo 2023-2024 è più probabile un “hard landing” che una recessione dell’economia mondiale.
  • Alla luce della generale incertezza sui mercati, gli investitori potrebbero valutare la costruzione di un portafoglio con un’ampia gamma di strumenti, così da mitigare la volatilità e trarre vantaggio dalle nuove opportunità.
  • I nostri CIO Globali illustrano le idee di investimento a loro avviso più convincenti in ambito azionario, fixed income e multi-asset.

Esplorate le sezioni sottostanti per conoscere le previsioni di metà anno dei nostri esperti

View macroeconomica: molteplici fattori alimentano la decelerazione dell’economia

A inizio anno ben pochi prospettavano la peculiare confluenza di fattori che oggi grava su economia e mercati finanziari globali. Il significativo rimbalzo post Covid, la liquidità in eccesso e i persistenti problemi lungo le filiere hanno causato un’impennata dell’inflazione su base annua. I prezzi delle commodity sono saliti alle stelle in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe e alla reazione degli altri Paesi del mondo. I mercati finanziari hanno attraversato una fase critica e si sono registrati sell-off generalizzati di azioni e obbligazioni. Il sentiment e la spesa dei consumatori si sono indeboliti e le società hanno risentito della contrazione di ricavi e utili. Le principali banche centrali – in particolare la Federal Reserve USA – hanno incrementato gli interventi volti a favorire un “soft landing” dell’economia per raffreddare l’inflazione senza congelare la crescita, ben consapevoli che la maggior parte dei precedenti cicli di inasprimento attuati dalla Fed si è conclusa con una recessione.

Come dovrebbero muoversi gli investitori in futuro? Crediamo sia importante costruire un portafoglio di investimento che comprenda un’ampia gamma di strumenti e trovare strade nuove per posizionare i portafogli nel contesto attuale. Di seguito alcune idee da considerare.

  • In termini di allocazione azionaria, i titoli value di qualità, gli asset di selezionate società tecnologiche innovative e le azioni cinesi appaiono interessanti. Sicurezza energetica e sicurezza alimentare sono due aree di investimento tematico da monitorare con attenzione.
  • Quanto all’allocazione al reddito fisso, alcune obbligazioni sovrane con duration lunga sui mercati sviluppati risultano più interessanti – meno allettanti invece i bond dei Paesi periferici e dei mercati semi-core europei. Gli investitori potrebbero anche prendere in considerazione l’esposizione a determinati emittenti high-yield USA in presenza di un ulteriore ampliamento degli spread.
  • Nel caso dei portafogli multi-asset, gli investimenti nelle commodity potrebbero fungere da protezione contro l’inflazione in aumento - l’oro in particolare potrebbe offrire una migliore diversificazione rispetto alle obbligazioni governative.
La deglobalizzazione favorisce il rallentamento della crescita e il rialzo dell’inflazione

L’inflazione, il rialzo dei tassi e la decelerazione della crescita sono temi economici estremamente rilevanti che influiscono sui portafogli, ma un altro fattore ha un ruolo centrale: la progressiva deglobalizzazione e le sue varianti “slowbalisation” e “glocalisation”.

Gli scambi internazionali in percentuale del PIL sono in calo dalla crisi finanziaria globale del periodo 2007-2009, una situazione aggravata da conflitto commerciale sino-americano e Brexit. Di recente, gli sconvolgimenti lungo le filiere causati dalla Covid-19 hanno peggiorato la situazione, in particolare in Cina, dove i rigidi lockdown hanno rallentato non solo la diffusione del coronavirus, ma anche la crescita economica. L’esperienza degli scorsi due anni ci insegna che le ripercussioni negative della Covid non si limitano al PIL: infatti anche le criticità sul fronte produttivo possono esacerbare l’inflazione. Ad amplificare i problemi ha contribuito anche il conflitto in Ucraina poiché numerose società si interrogano sull’affidabilità di vendite e produzione all’estero e optano per il cosiddetto “onshoring” a scapito dell’offshoring.

I suddetti fattori potrebbero dare luogo a una maggiore polarizzazione dei sistemi economici; in tale eventualità al polo formato da Stati Uniti e Paesi alleati si contrapporrebbe il polo formato da Cina e Russia. La frammentazione del “villaggio globale” è rilevante per molteplici ragioni, non da ultimo perché comporta una contrazione del commercio in percentuale del PIL, un rallentamento della crescita e un rialzo dell’inflazione. In ogni caso, secondo noi la globalizzazione non è morta, ma potrebbe assumere nuove forme. Ad esempio, la minaccia rappresentata dal cambiamento climatico ha portata globale e per affrontarla occorreranno interventi urgenti e concertati, non tanto approcci individuali.

Il nostro scenario base a metà anno
  • A nostro avviso nei prossimi due anni l’economia globale subirà un “hard landing”, attraverserà quindi una fase caratterizzata da crescita molto bassa e inferiore al potenziale. Inoltre, prevediamo che gli USA entreranno in recessione nel 2023-2024.
  • Non ci aspettiamo una “stagflazione” come quella degli anni ‘70 – un mix tossico di crescita lenta e recessioni in presenza di tassi di inflazione a due cifre – ma crediamo che l’inflazione continuerà a sorprendere al rialzo. I tassi di inflazione anno su anno potrebbero toccare il picco entro fine 2022, a condizione che non si verifichino nuovi shock sul fronte energetico, ma servirà molto tempo (da tre a cinque anni secondo i nostri investitori senior) perché l’inflazione torni a livelli in linea con i target delle banche centrali (di norma pari al 2% nei mercati avanzati).
  • Non ci aspettiamo che le banche centrali, in particolare la Fed, rallentino o addirittura interrompano la normalizzazione annunciata della politica monetaria. Anzi, secondo noi le autorità monetarie continueranno ad alzare i tassi e a ridimensionare i bilanci. Il raffreddamento dell’economia indurrà le banche centrali a modificare la rotta e ad arrestare l’inasprimento dei tassi prima del previsto? È possibile. Ma è più probabile che l’inflazione elevata abbia effettivamente messo gli istituti centrali con le spalle al muro, obbligandoli ad agire. Pertanto, gli investitori non dovrebbero sorprendersi del fatto che i mercati debbano scontare un incremento e non una diminuzione delle misure restrittive (cfr. Figura 1).
Un contesto difficile per i mercati finanziari

Quali saranno le ripercussioni della situazione illustrata in precedenza sui mercati finanziari? Come reagiranno le diverse asset class alla decelerazione della crescita e a una eventuale recessione negli USA, nonché alla persistenza dell’inflazione, ai rialzi dei tassi di interesse e al ridimensionamento dei bilanci delle banche centrali? Nelle sezioni che seguono i nostri CIO Globali forniscono la loro view circa gli sviluppi sui mercati da qui a fine anno. 

Figura 1: ora i mercati scontano tassi di riferimento molto più alti a livello globale

A giugno 2022 i mercati stimano un rialzo dei tassi di riferimento globali di circa 150 punti base nei prossimi due anni – un incremento degno di nota rispetto a quanto atteso appena sei mesi prima. A nostro avviso gli investitori dovrebbero tenere in considerazione che i mercati sconteranno un incremento e non una diminuzione dell’inasprimento monetario. 

Figura 1: ora i mercati scontano tassi di riferimento molto più alti a livello globale

Fonte: Bloomberg. Dati a giugno 2022.

Virginie Maisonneuve

Virginie Maisonneuve

Global CIO Equity

Strategia equity: gestire il difficile processo di normalizzazione della politica monetaria in presenza di un rallentamento globale sincronizzato

Affrontare il “grande recupero” dei tassi

Se guardiamo alle forze che influiscono sull’economia mondiale, appare chiaro che ci troviamo nel mezzo di un “grande recupero” dei tassi che avviene a tutta velocità. Quello in corso è uno degli inasprimenti monetari più marcati di sempre e avviene in concomitanza con la decelerazione dell’economia – una situazione inusuale. Pensiamo agli eventi dei mesi scorsi:

  • Le principali banche centrali hanno iniziato a drenare i volumi record di liquidità mediante il rialzo dei tassi e il ridimensionamento dei programmi di acquisto di asset (il c.d. quantitative easing).
  • L’inflazione – in particolare i prezzi di energia e alimentari – si è impennata dopo essere rimasta per decenni a livelli bassi. Le banche centrali sono disposte a fare tutto il necessario per arginarla.
  • L’ordine geopolitico globale in essere da decenni ha iniziato a incrinarsi con la conseguente ulteriore frammentazione del villaggio globale. L’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe e i problemi lungo le filiere dovuti alla Covid hanno indotto sempre più Paesi e aziende a optare per l’“onshoring” e a riconsiderare le rispettive filiere globali, non solo per ridurre i costi, ma anche per creare nuove partnership.
  • I mercati devono elaborare queste informazioni e nel frattempo i rendimenti dei bond di riferimento sono saliti e i principali indici azionari hanno registrato brusche flessioni dopo una lunga serie di solide performance.

A metà 2022 siamo alle prese con la riduzione del QE e l’inasprimento dei tassi in presenza di un rallentamento e non di una crescita globale – un contesto senza dubbio atipico. Vista la situazione odierna, gli investitori si chiedono: dove porterà il grande recupero dei tassi in atto? Non si esclude un’ulteriore contrazione degli scambi mondiali in percentuale del PIL viste le pressioni derivanti da forza del dollaro USA e difficoltà negli approvvigionamenti. È interessante notare come negli USA molte delle aziende che sono riuscite a risolvere i problemi lungo le rispettive filiere debbano ora far fronte all’aumento delle scorte in presenza di una riduzione della spesa al consumo. Tale trend potrebbe essere indice di un futuro rallentamento della domanda.

L’inflazione è prossima al picco? Consideriamo la massa monetaria M2, che misura l’offerta monetaria negli USA e in ottica storica si è rivelata un valido indicatore anticipatore (12-18 mesi) dell’evoluzione di inflazione e crescita. Tale parametro ha toccato i massimi a febbraio 2021 (cfr. Figura 2), pertanto l’inflazione potrebbe raggiungere il picco nei prossimi sei mesi. Le probabilità di una decelerazione forte e sincronizzata dell’economia globale sono supportate dai dati sulla M2 e da altri fattori. Tra questi l’elevato prezzo del petrolio, il calo degli indici manifatturieri, il rialzo dei tassi di interesse e il progressivo ritiro dei pacchetti di aiuti economici varati all’apice della pandemia. Diverse aziende devono ancora recepire l’impatto della decelerazione della crescita su margini e utili societari e sebbene ci sia già stato un adeguamento significativo delle valutazioni, una futura “recessione degli utili” resta plausibile.

Soluzioni per posizionare i portafogli azionari nel contesto odierno

Per i mercati azionari l’inversione di rotta potrebbe coincidere con la variazione delle attese circa l’inasprimento dei tassi USA da 50pb a 25pb o a 0pb. In tal caso, per i mercati “le brutte notizie potrebbero divenire buone notizie”. A quel punto il contesto economico potrebbe essere ancor più critico di oggi, ma se non altro la fine del ciclo di inasprimento sarebbe vicina. Tali eventi si inserirebbero in una situazione caratterizzata da crescita più esigua e tassi più alti di quanto non siano stati per anni. Tutto considerato, siamo dell’opinione che gli investitori trarrebbero vantaggio da un portafoglio diversificato incentrato su selezionate strategie high-conviction:

  • Azioni value di qualità che offrono dividendi robusti: tali titoli potrebbero essere apprezzate dagli investitori in un contesto di tassi di interesse in aumento.
  • Azioni growth di qualità emesse da società con bilanci solidi e protagoniste di un forte derating: tali titoli potrebbero risultare interessanti poiché il profilo di crescita li aiuta a distinguersi in presenza di un’espansione globale modesta e di un rallentamento economico.
  • Sicurezza energetica e sicurezza alimentare: si tratta di temi di investimento solidi alla luce della vulnerabilità causata dall’incertezza sul fronte geopolitico, in base ai quali gli investitori possono riposizionare i portafogli.
  • Azioni esposte a “innovazioni rivoluzionarie” in aree quali intelligenza artificiale, cybersecurity e mitigazione del cambiamento climatico e adattamento allo stesso: tale categoria dovrebbe rappresentare un pilastro strategico dei portafogli.
  • Azioni cinesi: l’attrattiva di tali titoli potrebbe aumentare anche se la volatilità dovrebbe proseguire. La crescita del PIL della Cina - pari al 4%-5% - è decisamente più alta di quella del prodotto interno lordo delle altre principali economie mondiali; il PIL del Paese risulta elevato anche rispetto a quello di numerose economie emergenti. Per di più, la Cina è meno esposta agli effetti negativi dell’apprezzamento del dollaro USA. Infine, la banca centrale locale porta avanti un allentamento – non un inasprimento – monetario.
Figura 2: la flessione dell’offerta monetaria negli USA suggerisce un possibile calo dell’inflazione

Da sempre il parametro M2 – che misura l’offerta monetaria in un’economia, compresi liquidità e depositi a vista – è un valido indicatore anticipatore (12-18 mesi) dell’andamento dell’inflazione. Negli USA la M2 si è nettamente contratta dopo aver raggiunto i massimi a febbraio 2021, pertanto è plausibile un prossimo calo dell’inflazione.

Figura 2: la flessione dell’offerta monetaria negli USA suggerisce un possibile calo dell’inflazione

Fonte: Federal Reserve Bank of St Louis. Dati al 1 aprile 2022.

Franck Dixmier

Franck Dixmier

Global CIO Fixed Income

Strategia fixed-income: investire in concomitanza con l’inversione di rotta di crescita e inflazione

I rischi di recessione in aumento potrebbero contribuire a frenare l’inflazione

A inizio anno credevamo che la capacità o meno delle banche centrali di arginare un’inflazione ai massimi storici senza innescare un rallentamento globale più brusco del previsto avrebbe rappresentato il principale fattore di rischio per il mercato nel 2022. Sinora le curve dei rendimenti delle obbligazioni governative core risultano piatte, tale andamento indica che, sebbene l’economia non sia ancora entrata in recessione, secondo il mercato potremmo essere nelle fasi finali di un ciclo economico molto corto. Da qui a fine anno gli investitori fixed income dovranno monitorare la direzione dei seguenti fattori:

  • Crescita: tenuto conto delle crescenti difficoltà create da inasprimento delle condizioni finanziarie e contrazione del reddito reale delle famiglie si assiste a un peggioramento delle prospettive di crescita globale. Le implicazioni dell’invasione dell’Ucraina sul fronte geopolitico e dell’offerta hanno acuito i rischi di ribasso.
  • Inflazione: in presenza di un rischio di recessione in aumento, ci attendiamo una mitigazione delle pressioni inflazionistiche globali a fine anno e nel 2023. Tuttavia, prima che si registri un calo è probabile che l’inflazione rimanga elevata nel breve periodo alla luce dei persistenti squilibri tra domanda e offerta e dei prezzi elevati delle materie prime.
  • Politica monetaria: le principali banche centrali dei mercati sviluppati sono tuttora propense a mantenere una linea restrittiva data l’inflazione elevata rispetto alle medie storiche. È improbabile che la Fed attui un’inversione di rotta prima che emergano chiari segni di una flessione dell’inflazione verso il target. Al contempo, la Banca Centrale Europea propende per rialzi dei tassi più consistenti (e ravvicinati). A nostro parere, quantomeno a breve termine, la Fed farà ciò che il mercato si aspetta, ovvero porterà il tasso dei Fed Funds su livelli prossimi al 2,75% entro fine 2022 (cfr. Figura 3). In ogni caso, riteniamo che la propensione a un ulteriore inasprimento potrebbe venire meno nel 2023 in presenza di rischi di ribasso della crescita sempre più evidenti.
Come posizionare i portafogli fixed-income nel contesto odierno 

Data la forte incertezza circa gli sviluppi da qui a fine anno, ci attendiamo una certa volatilità dei rendimenti obbligazionari a breve. Siamo comunque convinti di trovarci a un punto di svolta per crescita e inflazione. Forse le principali banche centrali dei Paesi avanzati non sono ancora pronte ad abbandonare la linea restrittiva, soprattutto se l’inflazione resta ai massimi storici. Ma a nostro parere, visto l’aumento dei rischi di ribasso per la crescita da qui a fine anno e nel 2023, sui mercati obbligazionari è verosimile una progressiva revisione delle attese circa la portata del ciclo di inasprimento in atto. Di seguito alcune strategie che gli investitori obbligazionari dovrebbero considerare: 

  • Potremmo individuare bond sovrani con duration lunga interessanti in mercati dove i rialzi dei tassi sono ormai ampiamente scontati e i rischi di ribasso della crescita dovrebbero risultare più evidenti nei mesi a venire. Ad esempio negli USA, in Australia, in Nuova Zelanda e in Canada.
  • I titoli dei Paesi periferici e semicore dell’Area Euro non sembrano altrettanto ben posizionati. Quanto alle obbligazioni governative dell’Eurozona, il deterioramento dei parametri fiscali e una politica più restrittiva della BCE lasciano presagire un ulteriore ampliamento degli spread sui mercati periferici, in particolare in Italia.
  • Nelle aree emergenti è fondamentale un approccio selettivo. Le pressioni dovute alla situazione geopolitica e ai problemi di offerta supportano l’inflazione sottostante, in particolare dei prezzi dei generi alimentari, che nei Paesi emergenti rappresentano una porzione più ampia del paniere per il calcolo dell’inflazione dei prezzi al consumo. Se guardiamo ai bond emergenti in valuta forte, gli spread del debito high yield sono ampi. Potrebbero iniziare a contrarsi contestualmente al rialzo dei prezzi, un’eventualità che creerebbe un rendimento totale interessante a tutto vantaggio degli investitori che detengono tali obbligazioni.
  • Quanto ai bond investment grade, i fondamentali societari sono tuttora rassicuranti ma visti i rischi di ribasso della crescita è preferibile un assetto difensivo. Potrebbero emergere delle occasioni per incrementare l’esposizione a certi emittenti high yield USA in caso di ulteriore ampliamento dei differenziali per le medesime ragioni citate in precedenza. Infine preferiamo i titoli a spread USA rispetto a quelli europei e gli emittenti con un forte potere di determinazione dei prezzi come le società finanziarie globali e le utility statunitensi.
Figura 3: nell’attuale ciclo economico molti avvenimenti sono già scontati nei rendimenti obbligazionari

Nell’ultimo decennio, il tasso forward 5a/5a USA ha rappresentato una sorta di tetto indicativo per i rendimenti dei titoli a 10 anni. A metà giugno 2022, il tasso 5a/5a si attesta al 3,30% circa – un dato ben superiore alle proiezioni mediane a lungo termine del “dot-plot” della Fed, pari al 2,5%.

Figura 3: nell’attuale ciclo economico molti avvenimenti sono già scontati nei rendimenti obbligazionari

Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors. Dati al 27 maggio 2022.

Gregor Hirt

Gregor Hirt

Global CIO Multi Asset

Strategia multi-asset: occorre usare cautela su mercati in rapida evoluzione 

Le società sono gravate da tassi e costi in aumento, nonché dai problemi sulle forniture 

Se l’economia USA continuerà a rallentare, la responsabilità ricadrà in primo luogo sulla Fed, che ha optato per un deciso inasprimento monetario al fine di frenare l’inflazione. Ma anche l’economia globale appare fragile poiché minacciata da inflazione alta, problemi lungo le filiere e incertezza derivante dal conflitto in Ucraina. Per di più, la Cina – la seconda maggiore economia al mondo – ha dovuto fare i conti con la decelerazione della crescita e i focolai di Covid-19. Per sostenere l’economia la banca centrale locale è stata costretta a tagliare i tassi malgrado nelle altre grandi economie sia iniziato l’inasprimento. 

In tale contesto incerto, alla fine gli investitori hanno cominciato a dubitare dei prezzi elevati delle azioni e di numerose obbligazioni, nonché delle attese di utili consistenti di numerose società. Nello specifico, gli investitori vogliono sapere se le aziende sono troppo ottimiste circa la solidità dei loro margini di profitto in presenza di rincari dei fattori produttivi (costo del lavoro o energia). La rivalutazione della situazione economica inizia a interessare anche il mercato del credito – non in modo significativo, ma tale trend potrebbe accrescere le pressioni sui margini delle società tramite l’aumento dei costi di rifinanziamento.

Per buona parte dell’anno il gruppo degli esperti di strategie multi-asset ha optato per un approccio prudente in ambito azionario, in particolare in Europa e nelle aree emergenti in considerazione del conflitto in Ucraina, le cui ripercussioni sul Vecchio Continente potrebbero rivelarsi peggiori del previsto. Leggermente più positiva la view sulle borse di Regno Unito e Giappone, ma anche in questi casi abbiamo ridimensionato l’esposizione. Nel complesso abbiamo inoltre optato per un approccio difensivo sui mercati fixed-income.

In generale, siamo alle soglie di un periodo difficile in cui i tassi di inflazione a livelli ancora preoccupanti costringeranno le principali banche centrali a ridurre la liquidità totale nonostante l’aumento dei tassi di interesse e dei costi produttivi e i problemi sul fronte dell’offerta pesino sui margini aziendali.

Malgrado i sell-off sono presenti opportunità a lungo termine 

Alla luce delle problematiche citate in precedenza, le valutazioni hanno iniziato a diminuire dai livelli eccessivi raggiunti. Di conseguenza gli investitori potrebbero avere l’opportunità di rientrare sul mercato a prezzi più interessanti. Crediamo sia raccomandabile conservare una certa liquidità al fine di investire in titoli sottovalutati e strategie selezionate. 

  • Gli investimenti nelle commodity potrebbero fungere da protezione contro l’inflazione in aumento. Inoltre, come evidenziato nella Figura 4, l’oro potrebbe essere un miglior elemento di diversificazione per le azioni rispetto alle obbligazioni governative, almeno per il momento. Anche gli advisor attivi nel trading delle materie prime beneficiano del contesto attuale poiché possono assumere un assetto short sui mercati.
  • L’azionario britannico ha del potenziale date l’esposizione a energia e sanità e la natura difensiva.
  • Le strategie alternative orientate al beta (tra cui le strategie long/short) sono state protagoniste di una rinascita nel 2022.
Figura 4: Poichè ora i Treasury offrono meno diversificazione rispetto alle azioni USA, l’oro è un potenziale sostituto 

La correlazione tra Treasury USA e azioni USA è aumentata nonostante gli investitori abbiano ceduto i Treasury preoccupati dall’aumento dell’inflazione. Di conseguenza, il potenziale di diversificazione dei Treasury è diminuito, in particolare rispetto all’oro. In tale contesto, le commodity in generale - e l’oro in particolare - potrebbero offrire una migliore diversificazione.

Figura 4: Poichè ora i Treasury offrono meno diversificazione rispetto alle azioni USA, l’oro è un potenziale sostituto

Fonte: Bloomberg. Dati al 30 giugno 2022. Per i grafici sono state utilizzate le medie mensili delle correlazioni giornaliere mobili dei dati di performance giornalieri di azioni USA (futures sull’S&P 500), Treasury USA (futures sul Treasury USA 10a), Oro (futures sull’oro) in una finestra mobile di 260 giorni.

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