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Outlook 2024: opportunità nel mirino

Con la graduale stabilizzazione dei tassi di interesse si profila un nuovo contesto che potrebbe offrire opportunità di investimento che non si presentavano da anni. Diversificare i portafogli e prendere decisioni basate su convinzioni forti potrebbe essere essenziale alla luce delle performance divergenti a livello di società, asset class ed economie. L’incertezza resta elevata, considerato anche il potenziale rischio di uno shock del prezzo del petrolio e le possibili implicazioni delle elezioni USA del prossimo novembre. Ma c’è una buona notizia: gli investitori potrebbero essere ricompensati per i rischi di nuovo assunti.

In sintesi
  • Contrariamente al consensus, ci aspettiamo una recessione negli Stati Uniti e crediamo che i mercati sottovalutino la misura in cui le principali banche centrali dovranno mantenere i tassi più alti più a lungo.
  • Occorre necessariamente un approccio attivo alla selezione e alla gestione degli investimenti, poiché non tutti gli asset genereranno performance interessanti ora che il denaro ha di nuovo un costo.
  • I mercati potrebbero evidenziare volatilità a causa delle incertezze su crescita, tassi di interesse e sviluppi geopolitici, ma questo potrebbe creare opportunità per costruire posizioni di lungo periodo basate su forti convinzioni.
  • A nostro avviso si stanno creando tutte le condizioni affinchè gli investimenti obbligazionari siano di nuovo attraenti. Le azioni presentano dei punti di ingresso interessanti, soprattutto se ci si orienta su temi e società di qualità.
  • La diversificazione sarà fondamentale: in base al contesto di mercato e alle valutazioni determinati segmenti dei mercati privati, come il credito e le infrastrutture, possono offrire opportunità interessanti.

Le previsioni dei nostri esperti:
esplora le diverse sezioni

Stefan Hofrichter

“Preferiamo non aderire ciecamente alle stime di consensus. Per noi lo scenario centrale è rappresentato dalla recessione e da tassi che rimangono alti più a lungo.“

Stefan Hofrichter

Head of Global Economics & Strategy

Crescita più lenta, ritorni più elevati?

La view di consenso sulla crescita economica globale – e, in particolare, sulla crescita degli Stati Uniti – è tuttora piuttosto ottimista. La maggior parte dei commentatori prospetta un “atterraggio morbido” (soft landing) dell’economia USA, cioè uno scenario in cui la banca centrale riesce a rallentare l’attività economica senza provocare una recessione o causando solo una lieve contrazione. Il rischio di una recessione grave è ritenuto molto remoto.1

Infatti, solo due economisti statunitensi su cinque prevedono una recessione nei prossimi trimestri.2 Istituti internazionali come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) o l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) si attendono una moderazione della crescita globale e un rimbalzo nel 2024. Le previsioni delle banche centrali sono sulla stessa linea. La relativa resilienza mostrata sinora dall’attività economica, soprattutto negli Stati Uniti, supporta questo ottimismo.

Tuttavia preferiamo non aderire ciecamente alle stime di consensus. Per quanto uno scenario di moderazione della crescita o recessione lieve sia indubbiamente plausibile, varie ragioni ci portano a ritenere che la situazione potrebbe evolversi diversamente.

Innanzitutto, gli economisti fanno spesso errori nella previsione delle recessioni (cfr. Figura 1). Persino alla vigilia della più grave contrazione dopo diversi decenni (la crisi finanziaria globale) la maggior parte si attendeva un soft landing.

In secondo luogo, diversi indicatori anticipatori suggeriscono tuttora una recessione negli Stati Uniti a partire dalla fine del 2023 o dal primo semestre 2024: l’inversione della curva dei rendimenti, la diminuzione della massa monetaria (dovuta alla politica di inasprimento monetario) e i tassi di riferimento delle banche centrali oltre i livelli neutrali, vale a dire in territorio “restrittivo”.

Un’inflazione ostinatamente elevata

Al contempo, l’inflazione si conferma alquanto tenace e ben al di sopra del target del 2% fissato dalle grandi banche centrali, nonostante il netto calo rispetto ai picchi del 2022.

Tuttavia la resilienza dell’inflazione non ci sorprende: il forte incremento osservato tra il 2021 e il 2022 è stato trainato non solo dalla crisi legata al Covid e allo shock dei prezzi dell’energia, ma anche dall’eccessiva liquidità immessa nel sistema tramite politiche monetarie estremamente accomodanti.

Vi sono inoltre tre shock di lungo periodo sul fronte dell’offerta che sostengono un’inflazione strutturalmente più alta. Il primo è la deglobalizzazione o, più precisamente, la diminuzione della quota del prodotto interno lordo (PIL) associata agli scambi commerciali, per effetto, tra l’altro, di una maggiore regionalizzazione delle filiere. Poi ci sono la decarbonizzazione e un mercato del lavoro strutturalmente più rigido in ragione dei cambiamenti demografici.

Per esperienza sappiamo che, dopo un periodo di elevato incremento dei prezzi, l’inflazione può impiegare diversi anni per tornare a livelli modesti a causa di effetti di secondo impatto come le spirali salari-prezzi (l’aumento degli stipendi alimenta un aumento dei prezzi e viceversa) o i rincari operati dalle aziende.

In tale contesto, ci chiediamo se i mercati scontino a ragione l’assenza di ulteriori rialzi dei tassi da parte delle grandi banche centrali e tagli consistenti a partire da metà 2024. Tutto considerato, noi propendiamo per uno scenario di tassi “più alti più a lungo” anziché per lo scenario atteso dal consensus..

Forse il consensus attuale rispecchia le attese di una crescita più sostenuta della produttività in grado di favorire un calo dell’inflazione? Sicuramente assistiamo a profondi cambiamenti dettati dalla tecnologia, di cui l’intelligenza artificiale (IA) generativa è solo l’esempio più recente. Tali progressi potrebbero far aumentare l’offerta complessiva nell’economia mondiale e quindi, potenzialmente, favorire un ribasso dell’inflazione. Ma al momento nulla è certo. Sinora i dati sulla crescita della produttività non segnalano un incremento strutturale. E non dimentichiamo che l’aumento della produttività può essere sì favorito dall’innovazione tecnologica, ma può anche essere frenato da fattori come i “cattivi investimenti” e le ripercussioni di lungo periodo dello scoppio di una bolla del credito o di una guerra, come ci insegna la storia.

A quando il picco dei rendimenti obbligazionari?

In presenza di rendimenti obbligazionari ai livelli più alti in oltre 15 anni e della minaccia di una recessione economica nell’immediato, le obbligazioni sovrane di qualità elevata dovrebbero risultare obiettivamente interessanti. Ciononostante, individuare le tempistiche del picco dei rendimenti obbligazionari rimane difficile. Ci sentiremmo più a nostro agio se il mercato esprimesse previsioni più caute sulle future mosse delle banche centrali in merito ai tassi e abbracciasse lo scenario di tassi “più alti più a lungo”.

Gli investitori dovrebbero essere preparati alla possibile conclusione della politica di controllo dei tassi di interesse a lungo termine portata avanti per diverso tempo dalla Banca del Giappone (BoJ), che potrebbe avere conseguenze sui mercati obbligazionari di tutto il mondo. I prezzi dell’energia rappresentano un’altra incognita, soprattutto dopo il terribile attacco a Israele a inizio ottobre 2023.

Secondo noi le attese di crescita devono essere riviste al ribasso, quindi gli asset rischiosi potrebbero trovarsi a dover affrontare ulteriori sfide e presentare una maggiore volatilità. In genere è risultato più vantaggioso rafforzare l’esposizione ad azioni e prodotti a spread durante una recessione anziché prima di una recessione. E probabilmente qualsiasi eventuale repricing delle obbligazioni avrebbe ripercussioni sulle azioni.

Negli ultimi due anni abbiamo inoltre assistito ad alcuni “incidenti” nel sistema finanziario, cNegli ultimi due anni abbiamo inoltre assistito ad alcuni “incidenti” nel sistema finanziario, come la crisi dei fondi pensione inglesi nel 2022 e il fallimento di una serie di banche, soprattutto negli Stati Uniti, a inizio 2023. Anche se il peggio potrebbe essere alle spalle, non possiamo escludere altri eventi di questo tipo, come ci ricordano continuamente il Financial Stability Board, il FMI, le banche centrali e altri istituti. L’elevato indebitamento dell’economia mondiale e i tassi di interesse elevati sono la ricetta ideale per l’instabilità finanziaria. Questa volta potremmo riscontrare un rischio maggiore negli istituti finanziari non bancari anziché nelle banche. Potrebbe valere la pena di coprire almeno in parte i rischi di coda.ome la crisi dei fondi pensione inglesi nel 2022 e il fallimento di una serie di banche, soprattutto negli Stati Uniti, a inizio 2023. Anche se il peggio potrebbe essere alle spalle, non possiamo escludere altri eventi di questo tipo, come ci ricordano continuamente il Financial Stability Board, il FMI, le banche centrali e altri istituti. L’elevato indebitamento dell’economia mondiale e i tassi di interesse elevati sono la ricetta ideale per l’instabilità finanziaria. Questa volta potremmo riscontrare un rischio maggiore negli istituti finanziari non bancari anziché nelle banche. Potrebbe valere la pena di coprire almeno in parte i rischi di coda.

Figura 1: Gli economisti sbagliano spesso le previsioni sulla recessione. Che cosa succederà questa volta?

Figura 1: Gli economisti sbagliano spesso le previsioni sulla recessione. Che cosa succederà questa volta?

Nota: Probabilità di recessione basate sul sondaggio Survey of Professional Forecasters (SPF) della Federal Reserve Bank di Filadelfia. Il grafico confronta i periodi di espansione/recessione negli Stati Uniti con la mediana della probabilità di recessione del sondaggio nei due trimestri precedenti. Fonte: Allianz Global Investors Global Economics & Strategy, Bloomberg (dati al 30 settembre 2023). I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.

1 Fonte: Sondaggio globale di Bank of America sui gestori di fondi, ottobre 2023.
2 Fonte: Consensus Economics, ottobre 2023.

Virginie Maisonneuve

“In presenza di politiche monetarie restrittive e rallentamento della crescita, è fondamentale selezionare le società con una forte generazione di cassa e bilanci solidi, ma anche con un management in grado di destreggiarsi in un contesto volatile e, talvolta, in rapida evoluzione.“

Virginie Maisonneuve

Global CIO Equity

La qualità conta

Secondo noi nel 2024 i mercati azionari saranno influenzati da diversi temi importanti. Tra questi la divergenza tra i vari mercati e le diverse economie mondiali, alimentata da prospettive di crescita e politiche monetarie desincronizzate, così come l’interazione fra geopolitica e trend ciclici e strutturali come tecnologia e transizione climatica. Siamo in un periodo di normalizzazione e adattamento a un nuovo mondo caratterizzato dal ritorno della disciplina del capitale e da un contesto geopolitico incerto. Da questo punto di vista il 2023 è stato un anno spaccato a metà. Nella prima parte dell’anno sono state favorite le azioni growth poiché i mercati prevedevano una svolta della Federal Reserve (Fed) statunitense e la fine del ciclo di inasprimento dei tassi di interesse. Nella seconda parte il sentiment è cambiato e i titoli value hanno ripreso a sovraperformare i titoli growth perché gli investitori hanno iniziato a confrontarsi con uno scenario di tassi “più alti più a lungo”, quello che noi sostenevamo già da qualche tempo.

Divergenza macroeconomica

Alle soglie del 2024, le prospettive macroeconomiche di Stati Uniti, Unione Europea e Cina sono decisamente divergenti. L’economia USA è resiliente, i dati sull’occupazione e gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI) dipingono un quadro relativamente positivo. In Cina l’attività economica è debole ma potrebbe essere a un importante punto di svolta. Secondo noi c’è ancora molto da fare nel settore immobiliare, che rappresenta circa il 20% del PIL del Paese. Siamo tuttavia ottimisti sulla “new economy” cinese (che spazia dalla tecnologia al fintech, dai servizi finanziari alla tecnologia sanitaria, fino alla “green economy”), che secondo noi sarà il motore della crescita futura. L’Europa è esposta al rischio di recessione e a un’inflazione vischiosa, e in particolare la Germania, prima economia dell’area, è alle prese con una serie di problemi strutturali. Questa divergenza nelle prospettive potrebbe creare condizioni favorevoli per una selezione titoli attiva.

Di norma la tecnologia genera performance positive quando lo stesso avviene per stile “growth”, ad esempio quando le prospettive di un rialzo dei tassi di interesse diminuiscono sempre più. Con l’avvicinarsi della fine del ciclo di inasprimento dei tassi, un approccio bottom up disciplinato può aiutare gli investitori a identificare opportunità di investimento nei prossimi mesi, sempre che non si verifichi una recessione globale grave. Negli Stati Uniti la tecnologia ha dominato la scena quest’anno, ma con la diffusione dell’IA e di altre tecnologie in più settori, gli investitori potranno allargare lo sguardo; ad esempio c’è grande interesse verso la sicurezza informatica e la tecnologia sanitaria. In Cina potrebbero emergere opportunità legate alla new economy.

Ora che il denaro ha di nuovo un costo, probabilmente le cosiddette società zombie diminuiranno (cfr. Figura 2). Rimaste a galla grazie ai bassi costi di finanziamento degli ultimi dieci anni, ora per queste aziende di scarsa qualità è arrivato il momento della resa dei conti e potrebbero faticare a sopravvivere. La “zombificazione” interessa alcuni settori più di altri. Dalla nostra ricerca risulta ad esempio che è più presente nell’oil & gas, nei materiali naturali e nella sanità. Gli investitori dovrebbero quindi cercare di muoversi in questi settori, che potrebbero risultare interessanti per altri motivi, con la dovuta accortezza. Come sempre, sarà fondamentale orientarsi verso la qualità in ogni ambito del portafoglio e a livello di stili di investimento.

Interazione fra geopolitica e temi strutturali e ciclici: investire nel nuovo ordine mondiale

Le diverse aree geografiche fanno i conti con problematiche associate alla loro particolare posizione nel ciclo economico, ma ci sono anche questioni strutturali di una certa rilevanza. Ad esempio, la gestione della transizione cinese sarà determinante per il futuro della Cina nel medio periodo, ma anche per la fiducia degli investitori che seguono con attenzione questi sviluppi. In tale contesto, nei prossimi anni bisognerà monitorare l’evoluzione della rivalità fra USA e Cina sul fronte commerciale, soprattutto in ambito tecnologico. A livello globale la transizione energetica è un tema strutturale che interessa tutte le regioni e in particolare l’Europa, che negli ultimi due anni ha dovuto adeguarsi rapidamente ai problemi dell’offerta. I beneficiari diretti e indiretti del nuovo ruolo della Cina nella filiera globale rappresenteranno ancora un trend in Asia, poiché gli investitori sono alla ricerca di un posizionamento strategico “Cina + 1”.

Un ultimo elemento strutturale di cui tenere conto e che probabilmente influenzerà l’economia mondiale per alcuni anni sono le implicazioni del rapido sviluppo dei settori hardware e software alla luce dei progressi dell’IA. Come abbiamo già accennato, la modalità e la velocità di risposta di aziende e governi a tali cambiamenti stabiliranno chi avrà la meglio in questa nuova era di darwinismo digitale. Poiché in quest’area la Cina esercita sempre maggiore influenza e mira alla leadership, si prospetta una forte concorrenza tecnologica fra due superpotenze.

Prospettive per gli investitori: opportunità derivanti dalla diversificazione e da una costruzione efficiente dei portafogli

La costante incertezza e gli effetti dei tassi più alti su alcune società implicano che gli investitori debbano puntare ancora su titoli e temi di qualità nei portafogli. In un contesto di incertezza è di fondamentale importanza la capacità di essere dinamici e di reagire prontamente agli avvenimenti. D’altro canto, la volatilità generata dall’incertezza può offrire opportunità in termini di posizionamento per chi ha un orizzonte di investimento di lungo periodo. A fronte di tali considerazioni, l’adozione di un approccio attivo, attraverso attenta selezione dei titoli e costruzione del portafoglio – consentendo sia una buona base di liquidità che l’accesso alla crescita - può rappresentare la migliore soluzione.

Pensiamo ai portafogli azionari come a una piramide. La base della piramide è formata da strategie multifattoriali a bassa volatilità. Lo strato superiore può comprendere titoli value, growth e income di qualità. In presenza di politiche monetarie restrittive e crescita più lenta, occorrono un’ottima generazione di flussi di cassa e bilanci solidi, ma anche un management in grado di destreggiarsi in un contesto volatile e, talvolta, in ecosistemi in rapida evoluzione. Infine, al vertice della piramide, andrebbero considerati investimenti in aree che potrebbero continuare a crescere, tramite un approccio multi-tematico oppure considerando singoli temi come la cybersecurity, l’IA, la transizione climatica, la sicurezza alimentare e l’acqua.

Figura 2: Le società zombie sono aumentate ma riusciranno a sopravvivere al contesto di tassi “più alti più a lungo”?

Figura 2: Le società zombie sono aumentate ma riusciranno a sopravvivere al contesto di tassi “più alti più a lungo”?

Fonte: Allianz Global Investors. Dati al 31 ottobre 2023.

Nota: I dati provengono dal database Worldscope di Refinitiv e si riferiscono a mercati sviluppati ed emergenti. Per società zombie intendiamo aziende mature (costituite oltre 10 anni fa), con un rapporto di copertura degli interessi inferiore a 1 per tre anni consecutivi. Il rapporto di copertura degli interessi viene usato per stabilire la capacità di una società di pagare gli interessi sul debito in essere.

Franck Dixmier

“Il ciclo di inasprimento monetario volge al termine e possiamo attenderci una stabilizzazione del livello dei tassi. Gli investimenti obbligazionari tornano ad essere attraenti ma occorre approcciare il mercato in modo selettivo e graduale, data la divergenza delle prospettive economiche e delle politiche monetarie.“

Franck Dixmier

Global CIO Fixed Income

Di nuovo in pista

Si può dire che il grande riassestamento del mondo obbligazionario ha richiesto più tempo rispetto a quanto previsto da molti investitori. Le obbligazioni globali sono rimaste sotto pressione per gran parte del 2023 a causa degli strascichi della pandemia di Covid, tra cui i bilanci gonfiati di consumatori e imprese, che hanno sostenuto le banche centrali nella loro missione di tassi “più alti più a lungo” , rendendo non semplici le scelte in ambito obbligazionario.

Il devastante rialzo dei tassi, a causa del quale molto probabilmente i Treasury USA a 10 anni chiuderanno il terzo anno consecutivo di performance complessive negative per la prima volta nella storia, ora sta rallentando e presto terminerà, dato che le banche centrali sono “in pausa” e i mercati iniziano già a pensare a possibili tagli dei tassi nel 2024. A fronte di una crescita più contenuta, un’inflazione in calo, politiche monetarie e fiscali restrittive e valutazioni attraenti, il reddito fisso torna a essere un investimento interessante.

I mercati azionari e del credito hanno già cominciato a mettere in conto i rischi di un periodo prolungato di politiche monetarie restrittive e crediamo che nel 2024 i tassi elevati inizieranno a pesare sia sui consumatori che sulle imprese.

Riteniamo inoltre che il deterioramento dei fondamentali societari nei prossimi 3-6 mesi farà peggiorare anche il mercato del lavoro. Proprio la solidità del mercato occupazionale ha sinora impedito il tanto atteso rally obbligazionario, e sostenuto una robusta spesa al consumo che ha alimentato l’inflazione. Ci aspettiamo che le prospettive economiche degli USA diventino meno rosee, a fronte di un’economia globale già debole e in presenza di rischi geopolitici elevati e di rischi per la stabilità finanziaria in aumento. Sarebbero tutti forti segnali di acquisto per le obbligazioni, che appaiono in grado di sovraperformare la liquidità nel 2024.

USA interessanti, per l’Europa ci vuole ancora pazienza

Il mercato obbligazionario statunitense ci sembra particolarmente interessante poiché siamo convinti che il ciclo di inasprimento dei tassi della Fed sia ormai concluso. Anche in caso di un ulteriore rialzo dei tassi, prevediamo che gli investitori guarderanno oltre e inizieranno a valutare le tempistiche del cambio di rotta della Fed.

Le previsioni del mercato puntano a un primo taglio dei tassi verso metà 2024 e non ci sentiamo di contestare una simile valutazione dal momento che riteniamo una recessione modesta più probabile di un soft landing.

Detto ciò, le valutazioni sono interessanti: all’inizio del quarto trimestre 2023 i rendimenti dei Treasury USA a 10 anni sono saliti in prossimità del 5% e i rendimenti reali (rendimenti nominali rettificati per l’inflazione), pari a quasi il 2,5%, sono saliti a livelli che non si vedevano dal 2007 (cfr. Figura 3). Preferiamo il tratto a breve della curva dei rendimenti, dove la volatilità sembra essere diminuita, ma anche per il segmento a 5-7 anni. Riteniamo inoltre interessanti le posizioni basate su una maggiore inclinazione della curva USA.

In Europa occorrerà invece pazientare ancora prima di esporsi alla duration dei tassi di interesse. Attualmente i mercati non scontano più alcun rialzo dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, ma noi non siamo perfettamente allineati con questa previsione. Nell’area euro riscontriamo una vera e propria spirale salari-prezzi che non c’è negli Stati Uniti; in Europa a ogni incremento salariale corrisponde virtualmente un aumento del costo unitario del lavoro (essenzialmente per effetto della crescita negativa della produttività). Crediamo che gli investitori siano quindi esposti a possibili rialzi a sorpresa dell’inflazione core, che al momento non sono scontati nelle quotazioni.

Dinamismo e diversificazione nel credito

Il fatto che le obbligazioni presentino nuovamente valore ha però anche un rovescio della medaglia, cioè l’aumento del costo del denaro, e questo ha un impatto sui mercati del credito. Dato il previsto deterioramento delle condizioni economiche nei prossimi mesi, probabilmente ci sarà una maggiore dispersione nella qualità e nelle performance delle obbligazioni societarie, quindi sarebbe preferibile restare vigili in quest’area e contenere il rischio complessivo legato agli spread. Detto ciò, non crediamo che gli investitori vorranno trascurare le obbligazioni high yield (HY), i cui rendimenti offrono un’ampia protezione contro quello che secondo noi sarà un aumento relativamente modesto dei tassi di insolvenza. Considerato il profilo di duration più breve dei titoli HY, è possibile mantenere i portafogli investiti nel tratto a breve delle curve delle obbligazioni societarie, dove l’affidabilità creditizia può essere valutata con maggiore convinzione.

Per il 2024 intravediamo una grande opportunità nel mercato obbligazionario asiatico non cinese, che a nostro avviso può rappresentare un antidoto al previsto rallentamento globale e alla volatilità generale del mercato. L’area asiatica Cina esclusa dovrebbe infatti fornire un consistente contributo alla crescita dell’economia mondiale sia nel 2024 che nei prossimi dieci anni, grazie alla diversificazione delle filiere, a una maggiore desincronizzazione rispetto agli Stati Uniti e a una popolazione più giovane. Secondo noi le favorevoli prospettive di crescita si tradurranno gradualmente in fondamentali macroeconomici più solidi, in un aumento dei rating dei titoli governativi e in un sostanziale repricing dei titoli obbligazionari dell’area. Da sempre le obbligazioni governative asiatiche in valuta locale presentano il beta più basso nei confronti dei Treasury USA rispetto ad altri mercati emergenti; questa caratteristica, insieme ai rendimenti competitivi e alla minore volatilità delle divise, fa dell’asset class un buon elemento di diversificazione. Analogamente, le obbligazioni societarie asiatiche investment grade offrono un profilo di rischio/rendimento competitivo rispetto ad altri mercati creditizi globali.

Una strategia attiva per catturare valore e gestire i rischi

In generale, ora che la fase di inasprimento monetario volge al termine, possiamo attenderci un contesto più “stabile” per il futuro. Tuttavia, per beneficiare delle attraenti valutazioni obbligazionarie nel 2024 occorrerà molta pazienza, data la divergenza delle prospettive economiche e delle politiche monetarie, soprattutto fra Stati Uniti ed Europa. Una strategia attiva e flessibile potrebbe essere utile per gli investitori che vogliono iniziare a beneficiare del reddito elevato attualmente disponibile e gestire al contempo i rischi di duration e di spread nel breve periodo.

Figura 3: Rendimenti reali: le obbligazioni tornano a offrire reddito?

Figura 3: Rendimenti reali: le obbligazioni tornano a offrire reddito?

Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors. Dati al 10 novembre 2023.

Gregor Hirt

“La liquidità in eccesso che ha sostenuto molti asset dopo la crisi finanziaria globale sta diminuendo perché le banche centrali pongono fine alle misure di stimolo. La buona notizia è che questo favorisce un approccio attivo agli investimenti per cogliere le opportunità di alpha.“

Gregor MA Hirt

Global CIO Multi Asset

Oltre la norma

Crediamo che nel 2024 le strategie multi asset daranno prova della loro validità grazie all’emergere di possibili punti di ingresso per le varie asset class.

All’inizio del 2024 gli investitori avranno ancora dei dubbi sulla traiettoria della crescita e della politica monetaria. I riflettori saranno puntati sulle banche centrali e sulla loro capacità di sconfiggere l’inflazione senza scatenare una recessione economica. Un compito non facile in un contesto caratterizzato da forti tensioni geopolitiche a fronte dei conflitti in Medio Oriente e in Ucraina. Di conseguenza, i mercati potrebbero essere volatili. Ecco perché occorre diversificare. Gli investitori dovranno essere sufficientemente dinamici nel ricercare opportunità al di là delle asset class principali, obbligazioni e azioni.

Potrebbe rendersi necessaria una revisione della composizione dei portafogli. Nel 2023, il portafoglio 60:40, cioè un portafoglio investito per il 60% in azioni e per il 40% in obbligazioni, ha vissuto un modesto ritorno dopo uno degli anni peggiori di sempre, il 2022, segnato dalla sottoperformance di entrambe le asset class (cfr. Figura 4), che ha scardinato la convinzione che tale ripartizione offra benefici di decorrelazione. Tuttavia, poiché gli asset rischiosi (e soprattutto le azioni) potrebbero essere messi a dura prova, gli investitori possono puntare su asset allocation diverse e su asset class meno tradizionali, tra cui le commodity e determinati mercati privati. Nei periodi di forte incertezza è bene adottare un approccio dinamico, che preveda la ricerca di opportunità sul mercato azionario create dall’evoluzione delle valutazioni o l’assunzione di protezione tramite strategie basate su opzioni, con eventuali posizioni corte e investimenti in strumenti alternativi liquidi in caso di improvvise oscillazioni del mercato.

È tempo di andare oltre la “corsa al cash”

Da inizio 2022 molti investitori hanno inserito nei propri portafogli posizioni liquide alla luce dell’aumento dei tassi di interesse a breve termine e di mercati obbligazionari ancora volatili, che hanno accresciuto il fascino della liquidità, un tempo annoverata tra gli asset meno interessanti e meno redditizi dei mercati finanziari. In presenza di prospettive incerte e tassi elevati, la “corsa al cash” è più che comprensibile. Tuttavia crediamo che nel 2024 le obbligazioni e, nel lungo periodo, le azioni e altri asset possano offrire un potenziale di performance complessive molto più elevato.

Ma allora, dove cercare le opportunità?

  • Prendere in considerazione i beni rifugio per eccellenza – Nel reddito fisso, i Treasury USA offrono secondo noi un potenziale di carry e di un certo apprezzamento del capitale in ragione dei rendimenti attualmente elevati. I rendimenti dei titoli governativi hanno raggiunto massimi pluriennali sulla scia delle attese di tassi di interesse USA più alti per un periodo di tempo prolungato per contrastare l’inflazione. Dato che il ciclo di rialzo dei tassi della Fed è prossimo alla fine e che il rischio di recessione è ancora presente, il contesto ci sembra favorevole ai Treasury. Crediamo inoltre che l’oro possa guadagnare terreno a fronte di un’inflazione ancora elevata e di forti rischi geopolitici. La stabilizzazione dei tassi di interesse reali (che a nostro avviso ci sarà) offrirà ulteriore sostegno al metallo giallo. L’acquisto di oro da parte delle banche centrali ha raggiunto livelli record e prevediamo che il trend proseguirà, soprattutto nel quadro dell’evoluzione delle riserve dei Paesi emergenti, che preferiscono l’oro al dollaro USA. Un eventuale allargamento del conflitto in Medio Oriente rafforzerebbe lo status di bene rifugio dell’oro.
  • Monitorare le forze contrastanti sul mercato petrolifero – A nostro avviso i mercati del petrolio risentono da un lato dei timori di un’escalation della guerra in Medio Oriente e dall’altro delle prospettive per la crescita globale. Una decelerazione della crescita o persino una recessione delle principali economie mondiali potrebbe mettere a rischio la domanda di petrolio. Tuttavia le scorte sono ancora modeste e l’Arabia Saudita, grande produttore di petrolio, ha un forte interesse a mantenere i prezzi su livelli elevati, fra gli 80 e i 120 dollari al barile. E i prezzi potrebbero salire ancora in caso di estensione del conflitto tra Israele e Hamas. Una simile escalation, che non rientra nel nostro scenario di base, avrebbe conseguenze ben al di là del mercato petrolifero, poiché farebbe impennare anche i prezzi di altre commodity. I mercati presteranno la massima attenzione a qualsiasi segnale che indichi un coinvolgimento più diretto dell’Iran anch’esso grande produttore di petrolio. Monitoreremo inoltre i dati macroeconomici globali in cerca di eventuali tentennamenti della crescita che potrebbero generare opportunità di acquisto
  • Non perdere di vista la rinascita del Giappone – Anche se esprimiamo un giudizio moderatamente costruttivo sul mercato azionario in generale, in ottica tattica la nostra preferenza va alle azioni giapponesi. Le società nipponiche sono tra le poche nelle aree sviluppate a godere ancora del sostegno di tassi di interesse bassi, retaggio di anni di lotta contro la deflazione. Data la resilienza degli utili societari grazie a dati macroeconomici positivi e riforme aziendali, riteniamo le valutazioni attuali interessanti, anche se la nostra view potrebbe cambiare nel corso del 2024. Monitoreremo con attenzione ulteriori segnali di allentamento della politica di controllo della curva dei rendimenti da parte della Banca del Giappone (BoJ), che secondo noi è uno dei rischi di mercato più sottovalutati alla vigilia del 2024. Il Giappone è il maggior detentore estero di Treasury USA e la prospettiva di un aumento dei rendimenti delle obbligazioni giapponesi e di uno yen più forte potrebbe alimentare la volatilità del mercato qualora gli investitori giapponesi spostassero capitali sul mercato interno.

Quali altre idee sottolineano l’importanza della diversificazione tra i vari mercati? Il Messico potrebbe beneficiare dell’abbandono delle filiere cinesi da parte dei produttori che vogliono avvicinarsi fisicamente al mercato USA. I mercati emergenti sono nel complesso frenati dai dubbi sulla salute dell’economia cinese. Le difficoltà del settore immobiliare penalizzano la Cina e potrebbero intaccare le prospettive di crescita nell’immediato. Prevediamo tuttavia una svolta del sentiment nel 2024 e siamo convinti che la Cina offra delle opportunità di investimenti a lungo termine nel quadro della transizione a un’economia orientata all’innovazione.

Opportunità di alpha?

Crediamo che nel 2024 occorrerà un approccio differenziato alla selezione degli asset. Ora che si può nuovamente parlare di costo del denaro, non tutti gli asset genereranno performance interessanti. La liquidità in eccesso che ha sostenuto molti asset dopo la crisi finanziaria globale ora sta diminuendo perché le banche centrali pongono fine alle misure di stimolo. La buona notizia è che questo processo potrebbe favorire un approccio più attivo all’asset management, per poter cogliere le opportunità di alpha.

Figura 4: Il portafoglio 60:40 è adatto al contesto attuale?

Figura 4: Il portafoglio 60:40 è adatto al contesto attuale?

Nota: Ott-23 si riferisce ai dati del 2023 fino al 31 ottobre 2023.
Fonte: AllianzGI, Bloomberg. Dati al 31 ottobre 2023.

Emmanuel Deblanc

“L’attuale contesto di inflazione e tassi, insieme alla presenza di trend globali come la transizione energetica, possono offrire agli investitori una finestra di opportunità per affacciarsi su alcuni settori dei mercati privati a condizioni interessanti.“

Emmanuel Deblanc

Global Head of Private Markets

Una nuova finestra di opportunità

Negli ultimi anni l’interesse per i mercati privati è cresciuto notevolmente, e a giusta ragione. Dopo il 2008, in un contesto di tassi di interesse estremamente bassi, molti investitori erano alla ricerca di rendimenti aggiuntivi. Successivamente, con l’impennata dell’inflazione e il rapido aumento dei tassi di interesse, gli investitori hanno cercato protezione nei tassi variabili e nell’indicizzazione all’inflazione, due caratteristiche proprie dei mercati privati.

Al di là di questi driver di lungo periodo – che si confermano importanti nonostante l’imminente fine dei cicli di inasprimento delle banche centrali e il rallentamento dell’inflazione – riteniamo che l’attrattività dei mercati privati sia dettata da diversi altri fattori. Crediamo infatti vi sia una grande finestra di opportunità per gli investitori, poiché le valutazioni e le condizioni in qualche modo ricordano il riassestamento post crisi degli anni 2009-10.

L’incertezza accresce le opportunità

Economie e mercati finanziari sono in fase di transizione poiché l’incertezza relativa al futuro dei tassi di interesse alimenta l’incertezza sulle prospettive economiche e la minaccia di recessione. I periodi di incertezza posso rivelarsi un buon momento per investire sui mercati privati. In un contesto di riassestamento dei mercati e repricing degli asset, le strategie incentrate sui mercati privati, che prevedono per lo più un impiego del capitale per diversi anni, possono cogliere specifiche opportunità di relative value oltre a offrire esposizione a trend di lungo periodo.

Data la minore liquidità che li caratterizza, i mercati privati non sono adatti al profilo di rischio di tutti gli investitori. Tuttavia i mercati privati sono ormai un universo globale eterogeneo ed estremamente diversificato che secondo noi sarà oggetto di nuove e sempre più ampie allocazioni. Dato il forte impatto del rialzo dei tassi sulle valutazioni e sulla volatilità nei mercati pubblici, crediamo che molti investitori ricalibreranno il livello di “illiquidità” che sono disposti a tollerare per cogliere il premio previsto sui mercati privati. Inoltre, ci sembra che i grandi investitori di “real money” siano sempre più consapevoli del fatto che i mercati privati possono avere un ruolo importante e permanente nei portafogli, grazie a una selezione attiva degli asset e alla protezione di investimenti su misura che rafforzano la resilienza lungo il ciclo economico.

Un’inflazione ancora importante

Uno dei vantaggi dei mercati privati è la protezione contro l’inflazione offerta agli investitori tramite la struttura di molti investimenti, un tema che a nostro parere rimarrà rilevante anche nel 2024. Considerare i mercati privati come una copertura contro l’inflazione può sembrare una semplificazione eccessiva, tuttavia in molti casi le strutture delle operazioni offrono un buon livello di protezione contro l’inflazione. Ad esempio, nell’area del credito privato (alle aziende) diverse operazioni offrono un tasso variabile, cioè i pagamenti aumentano in linea con i tassi di interesse di riferimento, e i progetti nell’area delle infrastrutture tendono ad avere costi e prezzi indicizzati all’inflazione. Specifichiamo che non si tratta assolutamente di coperture perfette contro l’inflazione e che tali investimenti esprimono la massima efficienza in presenza di livelli di inflazione “normali” (cioè di pochi punti percentuali) anziché a fronte di impennate come quelle osservate negli ultimi 18 mesi. Ora l’inflazione registra una graduale moderazione, ma probabilmente a causa di fattori strutturali resterà oltre il target fissato dalle banche centrali ancora per qualche tempo, quindi i mercati privati possono rivelarsi un valido strumento per affrontare il problema.

Due punti di ingresso nel breve periodo

Crediamo che le opportunità più valide del 2024 si troveranno nel credito privato, che secondo noi presenta un profilo di rischio/rendimento interessante. Proprio come nei mercati del credito pubblici (quelli delle obbligazioni societarie), anche nel credito privato i rendimenti sono saliti a livelli che non si vedevano da diversi anni per effetto del rialzo dei tassi di interesse. Un aumento dei tassi comporta naturalmente anche un certo stress per le aziende in termini di costi di finanziamento, e alimenta dubbi circa la convenienza di determinate strutture di capitale. In previsione di una maggiore avversione al rischio dei grandi istituti di credito nel 2024, coloro che investono sui mercati privati potrebbero riuscire a entrare in partnership di finanziamento a condizioni favorevoli.

Un’altra grande opportunità potrebbe essere offerta dalle infrastrutture, che oltre a presentare una buona resistenza all’inflazione possono favorire rendimenti diversificati e flussi di cassa stabili. L’enorme domanda odierna di investimenti nelle infrastrutture è trainata, tra l’altro, dai profondi cambiamenti in atto nel settore dell’energia. Per la transizione verde, la sicurezza energetica e l’eliminazione dei rischi nelle filiere di tecnologie come quella delle celle elettrolitiche per la produzione di idrogeno o di batterie per le auto elettriche occorrono finanziamenti. I 437 miliardi di dollari dell’Inflation Reduction Act statunitense danno un’idea della mole di fondi che i governi sono disposti a investire nella transizione energetica, la quale richiederà anche un massiccio impiego di capitali privati (cfr. Figura 5), soprattutto in un momento in cui lo spazio di manovra dei governi è ristretto. I progetti sulle infrastrutture, dette anche asset “reali”, come reti elettriche e reti di trasporti, vengono solitamente finanziati tramite contratti a lungo termine che li isolano per certi versi dal ciclo economico e dalla volatilità del mercato allargato.

Valore a lungo termine

A fronte di prospettive economiche incerte, molti investitori preferiranno assumere un atteggiamento attendista. Tuttavia, la continua disruption creata dai tassi più alti e la presenza di trend globali come la transizione energetica dovrebbero offrire agli investitori una finestra di opportunità per affacciarsi su alcuni settori dei mercati privati a condizioni interessanti. Crediamo che il 2024 possa essere un anno interessante per operazioni sui mercati privati di cui gli investitori potranno beneficiare nei prossimi anni.

Figura 5: Quanti investimenti occorreranno ancora per la transizione energetica globale?

Figura 5: Quanti investimenti occorreranno ancora per la transizione energetica globale?

Fonte: BloombergNEF. Nota: gli anni di partenza variano da un settore all’altro ma tutti i settori sono rappresentati a partire dal 2019. I dati sul nucleare partono dal 2015. Dati a gennaio 2023.

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