Nella foga del momento

05.03.2021
Gone till November

Sintesi

A un anno dal primo devastante impatto della pandemia sui mercati finanziari, il bilancio appare positivo soprattutto per gli investitori che sono stati un po' più coraggiosi: molti importanti indici azionari, in particolare al di fuori dell’Europa, così come il petrolio e i prezzi di metalli come rame o alluminio, si attestano su livelli ben superiori a quelli di metà febbraio 2020. Nel frattempo, alcuni segmenti del mercato mostrano segnali di surriscaldamento, e anche il dibattito sul fronte economico appare sempre più acceso.

A un anno dal primo devastante impatto della pandemia di coronavirus sui mercati finanziari, il bilancio appare positivo soprattutto per gli investitori che sono stati un po’ più coraggiosi: molti importanti indici azionari, in particolare al di fuori dell’Europa, così come il petrolio e i prezzi di metalli come rame o alluminio, che fungono da indicatori anticipatori, si attestano su livelli ben superiori a quelli di metà febbraio 2020.

Per descrivere la situazione in determinati segmenti di mercato l’aggettivo “positivo” non basta più: le quotazioni azionarie di alcune società tecnologiche statunitensi, per lo più di recente costituzione, e le criptovalute, oggetto di grande attenzione, evidenziano una vera e propria impennata a fronte di elevate attese di rendimenti potenziali o di grandi speranze di ulteriore crescita. Elementi che suggeriscono un surriscaldamento degli animi di molti operatori di mercato.

Anche il dibattito sul fronte economico appare sempre più acceso. Misure monetarie e fiscali coraggiose e coordinate hanno permesso di mitigare in una certa misura le conseguenze della crisi da Covid-19; ora ci si chiede quanto sostegno sia ancora necessario dato che all’orizzonte si profila una normalizzazione dell’attività economica favorita dall’avanzamento delle campagne vaccinali. Se la nuova amministrazione statunitense dovesse effettivamente ottenere l’approvazione del pacchetto di stimoli da USD 1.900 miliardi, in totale la spesa fiscale a sostegno dell’economia USA dall’inizio della pandemia ammonterebbe a circa il 25% del prodotto interno lordo generato in condizioni normali. Tale prospettiva suscita timori – non del tutto ingiustificati – di un surriscaldamento temporaneo dell’economia, soprattutto se si considera che durante il lockdown le famiglie statunitensi hanno risparmiato circa USD 1.600 miliardi e possiedono quindi un maggior potere d’acquisto da esercitare dopo la riapertura.

Ultimamente le conseguenti preoccupazioni per l’aumento dell’inflazione hanno alimentato l’incertezza sui mercati obbligazionari, e i rendimenti dei titoli governativi USA a 10 anni hanno evidenziato un netto rialzo. Per ora tuttavia tale evoluzione dovrebbe essere considerata solo indice della maggior fiducia nella normalizzazione dell’attività economica. Di recente le banche centrali hanno chiarito che nel corso dell’anno porteranno avanti politiche monetarie molto espansive anche in presenza di una forte ripartenza economica.

Occorre inoltre tener presente che al momento le ipotesi di un surriscaldamento dell’economia riguardano prevalentemente gli USA. Nell’Europa continentale una simile eventualità ci sembra ancora remota, alla luce dati sull’utilizzo della capacità produttiva e della lentezza delle vaccinazioni nel primo trimestre 2021. In una prospettiva più ampia, anche il contesto di tassi bassi e la ricerca di rendimento dovrebbero protrarsi ancora per qualche tempo.

Allocazione tattica azioni e obbligazioni
  • Anche se al momento la ripresa congiunturale è frenata dall’estensione delle misure di lockdown, i dati macroeconomici nel complesso continuano a mantenersi positivi, in particolare negli USA e in Asia. A livello settoriale si osserva tuttora una divergenza tra il settore manifatturiero, che prosegue la ripresa, e quello dei servizi, ancora in difficoltà.
  • Il riacutizzarsi dei timori legati all’inflazione dovrebbe influire più sulle obbligazioni governative che sulle azioni, poiché in ultima analisi i titoli azionari rappresentano partecipazioni in asset produttivi reali che in un contesto inflazionistico acquistano valore. Sui mercati azionari tuttavia non si escludono correzioni nei segmenti che appaiono surriscaldati, come le società tecnologiche USA di più recente costituzione.
  • Mentre in ambito azionario solo alcuni titoli presentano valutazioni eccessive, sui mercati globali delle obbligazioni governative si registra una generale sopravvalutazione.
  • Le riserve di liquidità degli investitori internazionali, calcolate sulla base dei flussi cumulativi di capitali nei fondi del mercato monetario dallo scoppio della pandemia, risultano consistenti. Inoltre, è lecito attendersi che gli investitori alla ricerca di rendimento continueranno a mostrare una certa propensione al rischio (risk-on), anche per ovviare al contesto di tassi bassi/negativi.
  • Tutto considerato, risulta preferibile continuare a sovrappesare le azioni rispetto alle obbligazioni, ma sempre usando cautela.
Tema di investimento: La ricerca di rendimento continua
  • Come mostrano i nostri studi più recenti, negli anni negativi per il mercato azionario i dividendi hanno contribuito a stabilizzare la performance complessiva, riuscendo a compensare in parte o persino completamente le perdite dei corsi azionari.
  • Tra l’inizio del 1975 e la fine del 2020 i dividendi hanno contribuito al rendimento complessivo annualizzato delle azioni dell’MSCI Europe per il 35% circa. Ma anche in altre aree, come l’America settentrionale (MSCI North America) o l’Asia-Pacifico (MSCI Pacific), i dividendi hanno rappresentato rispettivamente il 26% e il 36% della performance complessiva, quindi circa un terzo.
  • I dividendi inoltre oscillano meno degli utili societari, come indicato dalle nostre analisi. Confrontando dividendi e utili dei componenti dell’indice S&P 500 dal 1960 a oggi, si nota infatti che gli utili aziendali sono stati molto più volatili dei dividendi. In particolare, negli ultimi 10 anni la volatilità degli utili si è attestata intorno al 25% annualizzato, risultando molto più elevata rispetto a quella dei dividendi, pari a poco più del 4% p.a.
  • Nel mezzo della seconda ondata di financial repression, i dividendi acquistano un’importanza sempre maggiore nella ricerca di rendimento in presenza di un perdurante contesto di tassi bassi/negativi.

Cordialmente,
Stefan Rondorf

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Ritorno alla normalità

12.03.2021
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Sintesi

Di fronte ad una crescita in accelerazione, gli investitori osservano con attenzione sviluppi e prospettive di stimoli, campagne vaccinali, andamento del risparmio e della domanda dei consumatori. Non è esclusa la possibilità di una variazione nella forma della ripresa globale da “radice quadrata invertita” a “V”…

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