Rally di fine anno

10.12.2021
Rally di fine anno

Sintesi

Prima o poi ci saremmo interrogati sulla possibilità di assistere ancora ad un rally di fine anno. Ora che il Natale è alle porte, questa domanda sembra essere un po’ in ritardo, ma anche un po’ fuori luogo…

Prima o poi ci saremmo interrogati sulla possibilità di assistere ad un rally di fine anno. Ora che il Natale è alle porte, questa domanda sembra essere un po’ in ritardo, ma anche un po’ fuori luogo. Malgrado il contesto difficile, in novembre l’economia globale ha dato segni di stabilizzazione. Il nostro indice proprietario Macro Breadth ha evidenziato un lieve rialzo per la prima volta in cinque mesi. L’incremento si deve per lo più a Stati Uniti, Area euro e Giappone. Per contro, le condizioni nel Regno Unito e in molti Paesi emergenti, Cina compresa, sono ulteriormente peggiorate. Ciononostante, le incertezze legate alla nuova variante di Covid-19 mettono in ombra qualsiasi trend a livello economico. La scorsa settimana una società farmaceutica ha diffuso notizie positive sulla probabile efficacia del vaccino anche contro la variante Omicron. Naturalmente i mercati hanno accolto positivamente la notizia, ma sembra comunque troppo presto per festeggiare.

La settimana prossima

Nel complesso, i dati in uscita la settimana prossima non dovrebbero innescare movimenti di mercato importanti, anche se alcuni di essi saranno comunque interessanti. Lunedì è prevista la pubblicazione del Tankan, l’indicatore anticipatore del Giappone, per il quale si attende un lieve incremento. Martedì conosceremo l’andamento della produzione industriale dell’Unione Europea e i prezzi alla produzione negli USA. Si stima un modesto aumento rispetto al mese precedente. Mercoledì saranno pubblicati i dati sulla produzione industriale della Cina e l’indice US Empire State Manufacturing, nonché le statistiche sulle vendite al dettaglio negli USA. Giovedì sarà la volta del PMI di Markit per l’area euro e delle prime richieste di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti. Sono inoltre attesi i dati sulla produzione industriale statunitense, i risultati del Philadelphia Fed Business Outlook Survey e il PMI di Markit per gli Stati Uniti. Infine, venerdì sarà reso noto l’indice del sentiment delle aziende tedesche ifo.

Inoltre, due importanti banche centrali prenderanno rilevanti decisioni di politica monetaria proprio prima del periodo festivo. La riunione del Federal Open Market Committee è in programma martedì, quella della Banca Centrale Europea (BCE) giovedì. Il presidente della Fed Jerome Powell ha già dichiarato che il FOMC non considera più l’inflazione un fenomeno “transitorio”, facendo prevedere un’offerta di liquidità meno generosa per il futuro. Ma i mercati sembrano preparati a questo cambiamento. Quella della BCE invece è un’altra storia. Le probabilità che prenda in considerazione misure di inasprimento diverse dalla riduzione del PEPP, il piano di emergenza legato alla Covid-19, sono ancora piuttosto basse. Malgrado la BCE abbia già comunicato l’intenzione di mettere fine al PEPP, la nuova ondata pandemica ha alimentato l’incertezza sull’opportunità di un simile intervento. Al contempo aumentano le pressioni dovute alla recente impennata dell’inflazione. Detto ciò, sembra improbabile che la BCE alzerà i tassi nel 2022. Anche perché nell’area euro le pressioni inflazionistiche a medio termine derivanti dai salari e dal real estate sembrano più moderate che negli USA.

In ogni caso all’inizio del 2022 ci sarà ancora ampia disponibilità di liquidità a basso costo. Tale prospettiva dovrebbe sostenere la propensione al rischio degli investitori. Al contempo rileviamo un maggiore rischio di pressioni inflazionistiche persistenti, sulla scia della crescita eccessiva della massa monetaria e di fattori strutturali come deglobalizzazione, invecchiamento della popolazione e lotta contro il cambiamento climatico. L’inflazione resterà una sorvegliata speciale ancora per qualche tempo.

Ma allora ci sarà un rally di fine anno?

La situazione da qui a fine anno è piuttosto complessa. I dati sull’economia reale possono fornire qualche sostegno. Le ultime statistiche relative agli Stati Uniti sono risultate abbastanza solide e gli indicatori del sentiment per l’area euro non sembrano colpiti dalle notizie negative. La politica monetaria resta orientata al motto “less is more” e potenziali sorprese (di norma sgradite ai mercati) potrebbero causare qualche scossone. E poi c’è la variante Omicron, che potrebbe riservarci sorprese negative ma anche positive. Infine, anche la situazione geopolitica non dà motivo di brindare durante le feste.

Quanto al quadro tecnico, gli indicatori di forza relativa dei mercati principali sono prossimi alla neutralità e quindi non segnalano pressioni alla vendita nell’immediato. Il nostro “indicatore della complacency”, che confronta il P/E di Shiller con la volatilità corrente del mercato USA, sembra più stabile dopo l’aumento della volatilità. E poi ci sono i premi per il rischio (si veda il Grafico della settimana). In un’ottica globale di lungo periodo, non si segnalano valori eccessivi. Se, da un punto di vista storico, tutte le asset class, azioni e obbligazioni, presentano valutazioni elevate in termini assoluti, proviamo a dare una lettura relativa: fino a che i tassi di interesse resteranno bassi o negativi, non c’è motivo di preoccuparsi per il 2022.

In breve, anche se probabilmente non assisteremo a un rally di fine anno, non scordiamoci che abbiamo beneficiato di un “lungo rally annuale” sino a novembre, interrotto solo da qualche “pit stop”.

Cordiali saluti,

Dr. Hans-Jörg Naumer


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Sintesi

Le luci di Natale scintillano e si va diffondendo l’atmosfera tipica di questo periodo festivo, ma due rischi sembrano rovinare il clima nei mercati finanziari: la variante Omicron, che ha acuito l’incertezza circa gli effetti della pandemia sull’economia globale, e un’anticipata o più rapida inversione di rotta sul fronte delle politiche monetarie ultra-accomodanti per contrastare i rischi di inflazione, che potrebbe far soffrire una o più “colombe”…

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