“L’attesa è la parte più difficile”

L’entusiasmo per i possibili tagli dei tassi da parte della Fed è svanito presto. All’inizio del 2024 i mercati scontavano fino a sette riduzioni nel corso dell’anno, a partire da marzo. Attualmente ne prevedono solo due, con la possibilità di attendere fino a settembre…

L’entusiasmo per i possibili tagli dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed) è svanito presto. All’inizio del 2024 i mercati scontavano fino a sette riduzioni da 25 punti base (pb) l’una nel corso dell’anno, a partire da marzo. Attualmente ne prevedono solo due, con la possibilità di attendere fino a settembre per il primo allentamento della politica monetaria.

Questo significativo cambiamento nelle attese USA ha innervosito i mercati globali, incrementando le pressioni sulle valute soggette a politiche monetarie relativamente accomodanti, tra cui euro, yen e renminbi. Di conseguenza, per gli investitori è importante approfondire i motivi che potrebbero indurre la Fed a introdurre nuovi stimoli. A nostro avviso ci sono tre possibilità: (1) rallentamento della crescita, (2) disinflazione o (3) entrambe le cose.

Partiamo dalla crescita: ci attendiamo una normalizzazione del momentum sull’economia USA nel 2024 per effetto della linea restrittiva della Fed. Non crediamo che le autorità potranno ignorare una potenziale decelerazione economica, il che significa che potrebbero sentirsi in dovere di sostenere la crescita, anche se l’inflazione si manterrà attorno ai livelli attuali.

La via della disinflazione è più insidiosa. Siamo d’accordo con il Presidente della Fed Powell sul fatto che la disinflazione potrebbe diventare un trend sottostante dominante. E crediamo che Powell faccia bene a menzionare i ritardi della disinflazione, soprattutto per quanto riguarda il settore residenziale e degli affitti. Ma ci sono un paio di punti da tenere presenti. Innanzitutto, ultimamente l’inflazione mensile (m/m) è risultata più elevata del previsto, rendendo difficile per le autorità giustificare un allentamento a breve termine. In secondo luogo, gli “effetti base” dell’inflazione potrebbero diventare ben presto meno favorevoli, cioè potrebbe essere più difficile vedere dati sull’inflazione annua (a/a) sempre più bassi.

Abbiamo illustrato gli “effetti base” nel nostro grafico della settimana. La linea tratteggiata blu mostra l’inflazione annua futura in caso di inflazione mensile allo 0,245%. Parliamo della media dei sei mesi passati del parametro dei prezzi preferito della Fed, l’indice dei prezzi rilevato sulla spesa per consumi personali (Core PCE Index). La linea rossa (0,362%) rappresenta l’inflazione in caso di conferma della situazione del primo trimestre 2024. Infine, la linea verde (0,155%) illustra la prospettiva più favorevole per la Fed, vale a dire l’andamento dell’inflazione in caso di ritorno del trend del secondo semestre 2023.

Di questi scenari, quello rappresentato dalla linea rossa sembra il meno probabile per via dei noti problemi con l’inflazione USA del primo trimestre 2024 (considerando anche i dati destagionalizzati deludenti e i rincari una volta l’anno che non dovrebbero persistere). I percorsi indicati in verde e blu sembrano invece più verosimili e lasciano prospettare possibili tagli dei tassi USA nel quarto trimestre del 2024, se non prima. In conclusione: a prescindere dal motivo che potrebbe indurre la Fed a ridurre i tassi – decelerazione della crescita o disinflazione – l’allentamento della politica monetaria sembra essere una questione di “quando” e non di “se”.

La settimana prossima

La prossima settimana potrebbe essere determinante per capire l’andamento dell’inflazione globale e le possibili mosse delle banche centrali. Si parte in sordina ma si finirà col botto.

Lunedì sarà una giornata tranquilla, fatta eccezione per le attese delle aziende tedesche misurate dall’ifo e gli utili delle società industriali cinesi. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito i mercati saranno chiusi.

Niente di eclatante neppure martedì: gli unici indicatori importanti previsti per quel giorno sono la fiducia dei consumatori statunitensi e i prezzi delle abitazioni negli USA.

La situazione inizierà a scaldarsi mercoledì con i dati sui consumi europei. Particolarmente rilevanti le statistiche sull’inflazione federale e dei singoli stati in Germania, i dati sulla fiducia dei consumatori in Francia e Italia e le vendite al dettaglio in Spagna.

Giovedì l’economia globale si prenderà la scena. Gli investitori europei saranno interessati soprattutto all’inflazione dei prezzi al consumo in Spagna, all’inflazione dei prezzi alla produzione in Italia, nonché all’occupazione e al sentiment delle imprese nell’area euro. In Asia saranno pubblicati gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI) dei settori manifatturiero e dei servizi relativi alla Cina, i dati su inflazione dei prezzi al consumo e vendite al dettaglio in Giappone e i dati su produzione industriale ed esportazioni della Corea del Sud.

Venerdì l’attenzione si sposterà nuovamente sugli Stati Uniti, dove saranno rese note le relazioni sui redditi, sulle spese e sui risparmi personali del mese di aprile. Il dato più importante per la Fed - e forse anche per gli investitori globali - dovrebbe essere l’inflazione PCE core. Se rimarrà stabile, ci attendiamo nuove congetture sulle tempistiche dei tagli dei tassi da parte della Fed.

Cordialmente,

Greg Meier
Director, Senior Economist, Global Economics and Strategy

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