Momenti della verità
La scorsa settimana è stata caratterizzata da diversi “momenti della verità”. La Fed ha annunciato la sua ultima decisione in materia di politica monetaria e gli americani hanno votato per l’elezione del Presidente e delle due camere del Congresso USA. Cosa possiamo aspettarci sui mercati?
La scorsa settimana è stata caratterizzata da diversi momenti della verità. La banca centrale USA, la Federal Reserve (Fed), ha annunciato la sua ultima decisione in materia di politica monetaria e gli Americani hanno preso una decisione ancora più importante tramite il voto per l’elezione del presidente degli Stati Uniti e delle due camere del Congresso USA. Spesso si dice che gli eventi politici hanno conseguenze di breve durata sui mercati azionari, tuttavia sarebbe troppo semplice fare un bel “taglia e incolla” di questa massima applicandola al contesto odierno, dal momento che l’esito delle presidenziali USA ha un certo peso, soprattutto per l’economia. Commercio (dazi doganali), politica estera, regolamentazione e politica climatica sono alcuni degli ambiti principali in cui il presidente USA ha il potere di apportare cambiamenti senza importanti interventi del Congresso. Il Congresso ha invece l’ultima parola sul bilancio federale, pertanto se il presidente intende attuare politiche che impattano sulle imposte e sulla spesa federale deve avere la maggioranza sia alla Camera dei rappresentanti che al Senato. A tal proposito, entrambi i candidati sembravano propendere per una politica fiscale espansiva che dovrebbe stimolare l’economia, per lo meno nel breve periodo.
Nei giorni precedenti il voto, i mercati azionari USA sembravano aver anticipato la vittoria di Donald Trump. In questo scenario, i rialzi sul fronte azionario avrebbero già scontato gli sgravi fiscali promessi da Trump (o una proroga dei temporanei tagli alle imposte che aveva già operato). Questa considerazione consente di relativizzare l’aumento delle valutazioni. Inoltre, si osserva qualcosa di simile per quanto riguarda le prospettive dell’inflazione. Nell’area euro la corsa dei prezzi dovrebbe continuare a rallentare lentamente su un orizzonte di un anno, mentre le attese circa l’inflazione negli Stati Uniti sono leggermente aumentate. Le cause di tale divergenza potrebbero risiedere nel fatto che i mercati hanno già messo in conto i dazi doganali di Trump.
Indice di incertezza della politica economica
https://www.policyuncertainty.com/
(media mobile a 3 mesi)
Fonte: LSEG Datastream, AllianzGI Global Capital Markets & Thematic
Research, 04.11.2024
I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.
La settimana prossima
La settimana prossima saranno pubblicati diversi indicatori economici. Tuttavia, nel complesso, non si prevedono grandi sorprese. Di conseguenza, l’impatto sui mercati sarà minimo.
Martedì usciranno l’indice dei prezzi al consumo (CPI) definitivo relativo alla Germania e mercoledì i dati sull’inflazione (core) negli Stati Uniti. Giovedì seguiranno i prezzi alla produzione (sempre negli USA). Le probabilità di un’anomalia che possa influenzare le decisioni di politica monetaria sono praticamente nulle. L’indicatore ZEW, previsto per martedì, rivelerà se il sentiment economico in Germania rispecchia il quasi impercettibile miglioramento dell’indice ifo sulla fiducia delle imprese. Giovedì saranno resi noti i dati (molto) ritardati sulla produzione industriale e le stime flash circa il prodotto interno lordo (PIL) dell'Eurozona nel terzo trimestre. A fine settimana conosceremo l’andamento della produzione industriale in Cina e l’indice del settore manifatturiero Empire State della Fed di New York (meno atteso).
Ma la settimana ventura l’attenzione sarà catalizzata dai risultati delle elezioni negli Stati Uniti e dalle relative implicazioni per l’economia, nonché per la politica monetaria e la geopolitica. Vi è molta incertezza su questi fronti. Per concludere, il contesto geopolitico si conferma una fonte costante di tensione, soprattutto per quanto riguarda il Medio Oriente.
Si osserva inoltre che le notizie sulle questioni di politica economica in alcune parti del mondo indicano una crescente incertezza. O per lo meno questo è quanto suggerisce l’indice di incertezza della politica economica, un indicatore che analizza i report di diversi Paesi su vari aspetti della politica economica e aggrega le notizie con un livello elevato di rischio o incertezza. È interessante notare che tale indicatore si attesta su un livello neutrale per gli Stati Uniti, mentre per quanto riguarda il resto del mondo, e in particolare l’Europa, abbonda di notizie che segnalano rischi economici (cfr. il grafico della settimana). Le notizie relative all’Europa interessano soprattutto la Germania.
Per le prossime settimane possiamo aspettarci una maggiore volatilità. Ciononostante, il quadro tecnico è stabile e gli indicatori di rischio, come gli swap spread o l’indicatore composito dello stress sistemico (Composite Indicator of Systemic Stress, CISS) della Banca Centrale Europea (BCE), ma anche l’indice di stress finanziario della Fed di St. Louis, dipingono un contesto più favorevole.
Cordialmente,
Dr. Hans-Jörg Naumer
Director Global Capital Markets & Thematic Research