Oltre il brusio

Insieme al consueto flusso di notizie per gli investitori proveniente dal mondo aziendale, dal fronte macroeconomico e dalle banche centrali, nelle ultime due settimane sono giunte parecchie novità anche dalla politica. Ma quante di queste si possono classificare come inutile “brusio” e quante potrebbero di fatto avere effetti duraturi sui mercati finanziari?

Negli Stati Uniti, dopo che i Democratici hanno trovato un nuovo candidato alle presidenziali e dopo il tentato omicidio del candidato repubblicano Donald Trump, la corsa alla Casa Bianca sembra decisamente aperta. Sino a poco tempo fa i sondaggi indicavano un vantaggio di Trump in sei stati per i quali il risultato elettorale è altamente incerto (i cosiddetti "stati in bilico"). Tuttavia, stando ai sondaggi pubblicati negli ultimi giorni sembra ci sia una svolta positiva per i Democratici e la loro presumibile candidata Kamala Harris. Al di là di quanto promettono i due partiti, un punto cruciale riguarda le possibilità che ciascuno avrà di mettere effettivamente in atto le politiche prospettate, considerando che lo scenario più probabile, vale a dire un governo diviso (in cui Casa dei Rappresentanti e Senato hanno maggioranze diverse), comporterebbe probabilmente una buona dose di negoziazioni. Detto ciò, una seconda amministrazione Trump probabilmente porterebbe cambiamenti più evidenti sui mercati, poiché la direzione generale della politica USA potrebbe scostarsi parecchio da quella degli ultimi quattro anni. In base alle informazioni disponibili, un passaggio di potere negli Stati Uniti avrebbe un effetto negativo sui mercati azionari non statunitensi nel medio periodo (per via della probabilità di una politica commerciale più aggressiva e incentrata sugli USA) e un impatto positivo sull’oro (per via della potenziale minaccia all’indipendenza della banca centrale USA, la Fed).

La Francia, dopo le elezioni dell’Assemblea Nazionale, deve affrontare il non facile compito di formare un nuovo governo, che presumibilmente sarà di coalizione. Si tratta di una situazione insolita per il sistema politico francese, quasi una sorta di esperimento, che potrebbe dar vita a un governo instabile e con un’agenda politica non ben definita. I mercati obbligazionari guarderanno soprattutto alle decisioni in merito alla spesa pubblica indipendentemente dall’alleanza che si creerà, tanto più che l’UE ha già avviato una procedura formale nei confronti della Francia per deficit eccessivo. L’incertezza che ne deriva ha già fatto aumentare gli spread tra i rendimenti dei titoli di stato francesi e tedeschi, che hanno raggiunto 70 punti base nel segmento a 10 anni (a inizio agosto). Per il momento non si prevede un rapido calo ai livelli precedenti l’indizione delle elezioni.

Su altri fronti, il conflitto in Medio Oriente prosegue e non si esclude uno scontro diretto o indiretto fra Israele e Iran. Scontro che comporterebbe verosimilmente un rincaro dell’energia.

Dopo aver raggiunto un picco temporaneo nello scorso mese di aprile, il prezzo del petrolio è rimasto volatile con una lieve tendenza verso il basso. Non rispecchia quindi alcun aumento delle tensioni.

Quel che conta è il quadro fondamentale, che suggerisce un soft landing per l’economia USA come scenario più probabile. Malgrado la crescita dell’economia statunitense stia effettivamente rallentando, il tasso di utilizzo della capacità produttiva è ancora nella norma e quindi adeguato. L’inflazione continua a diminuire e l'economia sembra essersi lasciata alle spalle il momentaneo incremento dei prezzi osservato nel primo trimestre dell’anno. La Fed ha quindi validi elementi per valutare la possibilità di operare il primo taglio dei tassi di interesse.

Lo stesso vale per la Banca Centrale Europea (BCE), che ha già ridotto i tassi una prima volta. Occorre tuttavia considerare che l’Europa versa in una situazione diversa da quella degli Stati Uniti, poiché le previsioni per la crescita sono molto più cupe. Infatti sembra che il rimbalzo dell’economia atteso dalla BCE e da molti osservatori sarà, almeno per il momento, più debole di quanto inizialmente ipotizzato. Tale prospettiva ha però aumentato le probabilità di un ulteriore taglio dei tassi di interesse.

Andando oltre il brusio delle varie notizie, il quadro per le asset class più rischiose può essere definito tutto sommato sufficientemente positivo. Sui mercati azionari ultimamente si osservano le solide performance di un modesto gruppo di società da un lato e i magri guadagni di una moltitudine di azioni dall’altro. Quanto più ottimistiche saranno le prospettive per l’economia (USA) (cosa non del tutto certa nel breve periodo) e maggiore sarà il numero di tagli dei tassi di interesse consentiti dal contesto disinflazionistico, tanto più probabile sarà un allargamento della performance azionaria ad altri segmenti del mercato.

Cordiali saluti,

Stefan Rondorf
Senior Investment Strategist, Global Economics & Strategy

Se distogliamo l’attenzione dal brusio delle news, il quadro attuale sembra suggerire la seguente allocazione tattica per azioni e obbligazioni:

  • I mercati azionari globali dovrebbero andare bene in caso di soft landing dell’economia statunitense. Tuttavia questa prospettiva favorevole sembra essere lo scenario di base della maggior parte degli investitori, quindi non resta molto margine per eventuali sorprese positive. Non si escludono però possibili delusioni delle aspettative.
  • Sinora, la stagione di pubblicazione degli utili del secondo trimestre potrebbe essere definita eterogenea, a fronte di aspettative iniziali leggermente superiori al consueto. Negli USA, la crescita dei ricavi è risultata nel complesso appena negativa, anche se in molti casi le società sono riuscite a mantenere o persino ad aumentare margini di profitto già consistenti. Quelle che hanno pubblicato utili o previsioni deludenti sono state duramente penalizzate dai mercati.
  • Un allargamento delle performance gioverebbe ai mercati azionari, soprattutto a quelli statunitensi. Vi sono buoni motivi per attendersi che una crescita ciclica più solida e i tagli dei tassi di interesse dettati dall’andamento della (dis)inflazione possano favorire in particolare le small cap e altri segmenti trascurati del mercato, come i titoli ciclici. Nel breve periodo il motore dei tagli dei tassi avrà probabilmente un potenziale maggiore del motore della ripresa economica.
  • Quanto ai mercati obbligazionari, la curva dei rendimenti risulta molto più inclinata e ora è meno invertita. Nel medio periodo si prevede un’ulteriore normalizzazione delle curve su entrambe le sponde dell’Atlantico, essenzialmente per effetto di un calo dei rendimenti nel tratto a breve scadenza. Per quanto riguarda le scadenze lunghe invece il potenziale di riduzione dei rendimenti appare limitato.
  • Di recente il tasso di cambio EUR/USD ha oscillato in un intervallo ristretto. In termini di differenziali dei tassi di interesse, questi movimenti laterali potrebbero continuare, probabilmente con una lieve tendenza ribassista per l’euro. Tuttavia i fattori politici potrebbero influenzare questo trend in qualsiasi momento.
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Difficilmente agosto potrà essere ricordato come un mese tutto rose e fiori, ma alla fine le cose si sono aggiustate. Il mese è iniziato con preoccupanti segnali di un imminente crollo del mercato scatenati dai timori per la crescita USA e da speculatori presi in contropiede dal mix di apprezzamento dello yen e aumento dei tassi di riferimento. Ma le perdite sono state recuperate nel giro di pochi giorni. Solo l’indice principale del mercato giapponese, il Nikkei 225, ha avuto bisogno di un po’ più di tempo per tornare in territorio positivo, anche perché era arretrato più di altri. Alla fine è tuttavia riuscito a riprendersi. E praticamente a inizio settembre era tornato a splendere il sole.

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