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La maggioranza conservatrice porta un po’ di certezza nel Regno Unito - per ora

13.12.2019
Big Ben

Sintesi

La vittoria del partito conservatore del primo ministro Boris Johnson alle elezioni nel Regno Unito sarà probabilmente accolta con favore dai mercati e potrebbe stimolare la ripresa dell’economia britannica. Tuttavia non pone fine all’incertezza sulla Brexit, e il Regno Unito continua ad essere vulnerabile dato il contesto economico globale di fine ciclo.

Punti chiave:

  • La maggioranza assoluta del Partito Conservatore nelle elezioni del Regno Unito dovrebbe indicare un percorso da seguire sulla Brexit, ripristinando una certa fiducia nei mercati britannici.
  • A seguito dell’esito del risultato elettorale, ci aspettiamo che il Regno Unito lasci l’Unione Europea il 31 gennaio 2020, anche se le relazioni di lungo periodo con l’UE in materia di commercio e altre questioni rimangono irrisolte.
  • La sterlina britannica, che da agosto si è rivalutata di 10 centesimi contro il dollaro USA, si è rafforzata immediatamente dopo il risultato e dovrebbe proseguire nella ripresa.
  • Le azioni britanniche mid-cap sembrano essere posizionate al meglio per beneficiare di un “ relief rally” nei mercati, mentre per le azioni large-cap lo scenario è meno chiaro data la maggiore percentuale di profitti legati ai mercati esteri.
  • La domanda finora “repressa” potrà stimolare la ripresa del Regno Unito, ma potrebbe rivelarsi difficile da sostenere a fronte di un’economia globale nella fase avanzata del ciclo. La possibilità che il Regno Unito lasci l’UE senza un accordo non è del tutto scomparsa.

L’enfatica vittoria del partito conservatore alle elezioni generali nel Regno Unito porrà probabilmente fine all’impasse parlamentare sulla Brexit. Questo dovrebbe rassicurare gli investitori, preoccupati dall’incertezza sulla Brexit e dalla prospettiva di un governo laburista.

Certamente, il programma di breve termine per la Brexit è più chiaro ora che i conservatori hanno ottenuto la maggioranza assoluta in Parlamento. Con il primo ministro Boris Johnson alla guida del suo partito, il suo accordo di ritiro dall’Unione Europea (UE) dovrebbe avere il via libera - potenzialmente anche prima di Natale.

Questo probabilmente spianerebbe la strada al Regno Unito per lasciare l’UE il 31 gennaio e permetterebbe ad entrambe le parti di iniziare a negoziare i termini delle loro future relazioni commerciali. Prevediamo inoltre che il Regno Unito si muoverà rapidamente per garantire accordi commerciali con l’Australia, la Nuova Zelanda e altri paesi e inizierà a lavorare verso un accordo commerciale molto dibattuto con gli Stati Uniti.

Tuttavia, è possibile che una relazione commerciale soddisfacente tra il Regno Unito e l’Unione Europea non venga negoziata prima della fine del periodo di transizione nel dicembre 2020. Questa cosiddetta uscita “no-deal” potrebbe svilupparsi seguendo i criteri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Chiaramente, rimangono molte domande sulle future relazioni del Regno Unito con il suo principale partner commerciale, l’UE. Se le dispute commerciali dovessero aumentare, potrebbero causare impatti economici per entrambe le parti.


Attesa di un’ulteriore ripresa della sterlina

Immediatamente prima delle elezioni, la sterlina britannica era scambiata a circa 1,30 dollari. Dopo la conferma della vittoria dei Conservatori, la valuta si è rivalutata di oltre il 2% rispetto al dollaro, raggiungendo il livello più alto dal maggio 2018.

La sterlina inglese potrebbe rafforzarsi ulteriormente nei prossimi mesi se vi fosse la certezza circa i tempi e i termini di un accordo commerciale post-Brexit. Al contrario, se la possibilità di un’uscita “no deal” dovesse riemergere - per quanto improbabile - questo risultato potrebbe impattare il tasso di cambio e contenere l’eventuale ripresa.


Le azioni del Regno Unito potrebbero evidenziare un “relief rally”

La ripresa di una domanda finora repressa da parte degli investitori globali - rimasti lontani dal Regno Unito a causa dell’incertezza sulla Brexit - potrebbe rappresentare un ulteriore stimolo per l’economia britannica.

Riteniamo che le azioni britanniche a bassa e media capitalizzazione possano essere i principali beneficiari di questo cosiddetto “relief rally”. Da quando Johnson è diventato primo ministro a luglio, le mid-cap britanniche hanno sovraperformato quelle europee di circa il 6%, e crediamo che un altro 10% sia possibile.

Mentre la performance delle large-cap sarà influenzata da una sterlina più forte - dato che una quota maggiore dei ricavi di queste società tende ad essere in valuta estera - riteniamo che un parte delle azioni large-cap britanniche potrebbe rimbalzare. Banche, immobili, tabacco e prodotti farmaceutici potrebbero evidenziare un andamento positivo, in quanto caratterizzati da valutazioni più attraenti rispetto ai concorrenti internazionali, oltre che in alcuni casi da dividendi elevati.

Alcuni investitori saranno rassicurati anche dalla sconfitta del partito laburista di Jeremy Corbyn. L’agenda politica di Corbyn ha preoccupato i mercati per le prospettiva di aumento delle imposte sulle società e la proposta di rinazionalizzazione dei principali servizi di pubblica utilità e delle ferrovie.


I tassi di interesse del Regno Unito potrebbero diventare negativi?

Non è ancora chiaro quale sarà l’impatto del risultato elettorale per i tassi di interesse del Regno Unito. Mark Carney dovrebbe dimettersi a gennaio come governatore della Banca d’Inghilterra, e le prospettive politiche della BoE saranno definite dal suo successore. Prevediamo un taglio dei tassi nel corso del 2020. Altri tre tagli porterebbero i tassi britannici in territorio negativo - elemento che Carney ha sempre rifiutato - ma il nuovo governatore potrebbe essere più favorevole ai tassi negativi.


Prospettive a lungo termine per il Regno Unito

Nel complesso, i mercati dovrebbero accogliere con favore un risultato elettorale che per molti rappresenta la fine dell’incertezza. Mentre numerose questioni restano da risolvere in merito alla Brexit - e il percorso della politica fiscale del Regno Unito non è ancora chiaro – il contesto potrebbe rivelarsi positivo per sterlina, azioni e altre attività di rischio, e neutrale per i titoli governativi britannici.

Resta da vedere, tuttavia, quanto durerà questo “effetto alone”. Il Regno Unito è stato tradizionalmente considerato come “rifugio sicuro” in un contesto di fondamentali deboli a livello globale: l’attenzione degli investitori potrebbe concentrarsi nuovamente sul Regno Unito come area di stabilità. Tuttavia è importate ricordare che l’economia globale si trova nella fase finale del ciclo economico, più vicina alla recessione che all’espansione, e tale prospettiva rende poco probabile un rally di lungo termine nel Regno Unito.

 

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Il presente comunicato stampa è una comunicazione di marketing, emessa da Allianz Global Investors GmbH, www.allianzgi.com, una società di gestione a responsabilità limitata di diritto tedesco, con sede legale in Bockenheimer Landstrasse 42-44, D-60323 Francoforte sul Meno, iscritta al Registro Commerciale presso la Corte di Francoforte sul Meno col numero HRB 9340, autorizzata dalla BaFin (www.bafin.de). Allianz Global Investors GmbH ha stabilito una succursale in Italia - Allianz Global Investors GmbH, Succursale in Italia, via Durini 1 - 20122 Milano, www.allianzgi.it, soggetta alla vigilanza delle competenti Autorità italiane e tedesche in conformità alla normativa comunitaria.

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Il voto di AllianzGI alle assemblee degli azionisti e la disparità negli standard sulla governance

17.02.2020

Sintesi

Allianz Global Investors ha pubblicato il resoconto dei voti espressi nel 2019 su quasi 100.000 proposte avanzate da azionisti e vertici aziendali, che rivela forti discrepanze negli standard di corporate governance tra i diversi Paesi.

  • Proposte relative a remunerazione e amministratori rimangono le aree di principale attenzione 
  • Crescente interesse e grande sostegno alle risoluzioni proposte dagli azionisti su questioni legate all’ambiente e al clima
  • Il Regno Unito per il terzo anno consecutivo è in cima alla classifica per quanto riguarda gli standard di corporate  overnance, mentre Giappone e Stati Uniti restano un passo indietro

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