KEEP CALM AND STAY RATIONAL – APPROCCIO BEST STYLES X LA FINANZA COMPORTAMENTALE | LUGLIO 2025

Perché ”semplice” non è sempre ”meglio”

Nei primi due articoli della nostra serie abbiamo seguito i nostri due angeli decisionali, l’”angelo razionale” e l’”angelo istintivo”, alle prese con i bias emotivi e i limiti della conoscenza. Proseguiamo ora la riflessione osservando la tendenza del nostro cervello a semplificare e ridurre i dati che ha a disposizione, e l’autoinganno che il nostro angelo istintivo ricava proprio da questa semplificazione.

Alla base, il nostro cervello è programmato per semplificare, snellire e riassumere la quantità enorme di informazioni sensoriali che riceve in ogni momento. L’angelo istintivo si occupa di regolare la temperatura corporea, muovere muscoli e tendini per portarci al supermercato, coordinare le dita per afferrare l’ultimo chicco di riso con le bacchette o quell’oliva dispettosa che scivola via dalla forchetta. Le informazioni sensoriali che il cervello ha imparato a interpretare da tempo, naturalmente, vengono elaborate più rapidamente e risultano preferibili: è per questo che un europeo adulto, incontrando per la prima volta le bacchette, troverà inizialmente difficile usarle.

Questo meccanismo di valutazione, conservazione e scarto delle informazioni si estende ovviamente anche a tutti gli altri dati che assimiliamo. Informazioni familiari – un testo scritto nella nostra lingua madre, i nomi dei giocatori della nostra squadra di calcio preferita, il percorso in auto casa-lavoro – vengono elaborate in modo immediato e istintivo. Informazioni inaspettate o sconosciute – un testo in un alfabeto diverso, le regole di uno sport mai praticato, un improvviso blocco stradale – richiedono invece uno sforzo cognitivo extra. Poiché il nostro cervello predilige l’efficienza (qualcuno direbbe la pigrizia), tenderà a evitarle e a rifugiarsi in ciò che gli è più familiare. In questo articolo vedremo come questa semplificazione possa portare a decisioni inefficienti, sia nella vita quotidiana sia negli investimenti, e come Best Styles riesca a evitarne le trappole.

Casa dolce casa – Framing e Home Bias

Il cervello umano è abitudinario. Non vi è niente che ami più del conforto della casa. Ciò non significa che non possa essere curioso di tanto in tanto – una vacanza in Thailandia o a Venezia può dare una scarica di emozioni, così come un piatto di barbecue coreano o di falafel libanesi – ma in generale preferisce l’ambiente familiare: la famiglia, la città natale, il proprio Paese. Questo si riflette anche nei nostri modelli di consumo, soprattutto quando in gioco ci sono somme di denaro significative.

Non sorprende, quindi, che i consumatori preferiscano marchi automobilistici nazionali, nonostante la competitività globale del settore. I tedeschi rimangono fedeli a Volkswagen, Mercedes e BMW, i francesi a Renault e Peugeot, gli italiani a Fiat e gli svedesi a Volvo. Lo stesso vale in Giappone, Corea e Stati Uniti. Si potrebbe obiettare che i marchi locali conoscano meglio i propri clienti, ma l’Home Bias gioca senza dubbio un ruolo importante. Nei Paesi senza marchi automobilistici nazionali, la varietà di preferenze è infatti più ampia: in Polonia, ad esempio, Toyota è leader di mercato, mentre in Brasile hanno successo Fiat e Volkswagen.

Lo stesso fenomeno si osserva con le compagnie aeree, dove i vettori di bandiera conservano la fedeltà dei passeggeri del proprio Paese anche a fronte di alternative più economiche.

L’Home Bias è un comportamento ben noto anche tra gli investitori, parte di un bias più ampio chiamato framing. Di fronte all’enorme mole di dati dei mercati finanziari, gli investitori tendono ad affidarsi ai mercati che conoscono meglio: il proprio mercato domestico. Stringendo e spostando l’inquadratura attraverso cui considerano l’universo d’investimento, si rifugiano nella presunta sicurezza dei titoli e degli strumenti finanziari più presenti nelle notizie. Uno studio Barclays del 2023 ha stimato che le azioni UK rappresentassero circa il 25% dell’allocazione degli investitori britannici, nonostante il mercato azionario inglese costituisca solo il 4% della capitalizzazione globale (Fonte: Overcoming home bias when investing | Barclays Private Bank).

La familiarità non è l’unico motivo che trattiene gli investitori vicino a casa. Il rischio valutario non va sottovalutato (anche se concentrare eccessivamente i propri asset nella valuta domestica comporta dei rischi), così come i timori politici legati agli investimenti all’estero possono ridurre l’appetito per i mercati emergenti. Tuttavia, l’Home Bias e bias simili riducono le possibilità di diversificazione e, a lungo termine, possono penalizzare i rendimenti.

Non tutti i numeri contano – I pericoli dell’Anchoring

Immaginate di invitare il partner, un caro amico o un cliente importante in un ristorante rinomato. Il primo piatto in menu, scritto in grassetto e indicato come “piatto della casa”, è un wagyu da 120 euro. All’improvviso l’insalata locale a 55 euro sembra quasi un affare. Stesso discorso per la carta dei vini, che va da bottiglie da 15 euro a oltre 1.000. Forse non sceglierete il millesimato più costoso, ma non vorrete sembrare tirchi, così opterete per una bottiglia nella fascia medio-bassa.

In entrambi i casi, il ristorante potrebbe aver “ancorato” le vostre aspettative collocando strategicamente articoli molto costosi, creando un riferimento implicito che rende gli altri prezzi più accettabili. In qualunque altro contesto, quell’insalata da 55 euro vi sembrerebbe esorbitante, ma accanto al wagyu da 120 euro appare quasi conveniente. La carta dei vini adotta lo stesso trucco, sia in alto con i millesimati da collezione, sia in basso con la bottiglia più economica, sapendo che chi sceglie il vino al tavolo non vorrà apparire avaro.

Lo stesso meccanismo, detto Anchoring, è molto diffuso anche in finanza. I numeri tondi fanno notizia: a maggio 2025 il DAX ha superato quota 24.000; a luglio 2025 Nvidia è diventata la prima società a superare i 4.000 miliardi di USD di capitalizzazione. In realtà, 24.000 non ha più rilevanza di 24.100 o 23.900, e il record di Nvidia andrebbe visto anche alla luce della perdita di potere d’acquisto del dollaro negli anni. Cifre così rotonde, però, catturano l’attenzione degli investitori e spingono l’angelo istintivo a trarre conclusioni affrettate, senza analizzare l’intero quadro dei dati.

La complessità sotto controllo – come Best Styles evita i bias di Framing e Anchoring

Best Styles è una soluzione sistematica di investimento azionario core che costruisce portafogli in relazione al proprio parametro di riferimento, ad esempio l’MSCI World Index per la strategia Best Styles Global Equity. Come parte di questo processo disciplinato, non ci discostiamo troppo dalla composizione geografica e settoriale del benchmark. Tuttavia, l’allocazione si adatta nel tempo seguendo l’evoluzione del mercato nel suo complesso.

In questo modo evitiamo l’Home Bias e anche la preferenza per determinati settori, quella sorta di “habitat naturale” tipica di alcuni investitori fondamentali. Inoltre, adottiamo un approccio molto ampio nella ricerca di opportunità d’investimento: nei nostri sistemi disponiamo di dati su oltre 30.000 titoli azionari. Sebbene molti non siano idonei per portafogli specifici, in generale consideriamo un numero di titoli molto superiore rispetto a quelli inclusi nel benchmark.

L’ampiezza dell’universo d’investimento e l’orientamento verso la composizione geografica e settoriale del mercato ci consentono un elevato grado di diversificazione. Inoltre, valutiamo i titoli sulla base di diversi stili di investimento in modo oggettivo: non “etichettiamo” un titolo come Value o Growth, ma ne analizziamo tutte le caratteristiche contemporaneamente. Nei nostri portafogli cerchiamo un’esposizione maggiore a stili complementari, aggiungendo così un ulteriore, e ancor più importante, livello di diversificazione.

Nella valutazione delle società prestiamo grande attenzione alla qualità dei dati e alla comparabilità delle informazioni. Classifichiamo i titoli in base a questi criteri, con un’analisi sempre relativa, non ancorata a un singolo numero. L’obiettivo è costruire un portafoglio più interessante rispetto al mercato nel suo complesso, rappresentato dal benchmark. Se abbiamo un “ancoraggio”, è proprio il benchmark stesso, che per sua natura evolve nel tempo insieme ai movimenti del mercato.

La potenza di calcolo a nostra disposizione riduce la necessità di semplificazioni o scorciatoie per accelerare i processi decisionali. Ciò non ci esime dal dover implementare i modelli con competenza e dall’usare le risorse in modo efficiente, ma ci offre una scalabilità che il cervello umano non può avere. Una volta messo in funzione un modello, non ci sono scorciatoie.

In definitiva, un approccio sistematico come Best Styles è meno esposto ai bias comportamentali che possono influenzare negativamente le decisioni di investimento. Non è affatto semplice, ma i bias nei dati possono essere gestiti. È comunque importante sottolineare che nessun modello sistematico può catturare tutte le forze che muovono i mercati: la responsabilità ultima resta al gestore, che rimane la garanzia finale per l’investitore.

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