“Cambiamenti di rotta”

Nel 2025 ci siamo progressivamente concentrati sui potenziali rischi al ribasso derivanti dai cambiamenti di politica in corso negli USA. Se ci fosse un reale timore per la crescita, pur non essendo positivo per i mercati, potrebbe aprire la strada ad un allentamento monetario più rapido e a maggiori stimoli fiscali.

La pubblicazione "The Week Ahead" di AllianzGI è redatta a rotazione da 5 esperti del settore basati a Francoforte, Hong Kong e San Diego, California. Analizziamo i mercati globali da diversi punti di vista, forti dei nostri 135 anni complessivi di esperienza nei mercati finanziari.

Nel 2025, il nostro team si è progressivamente concentrato sui potenziali rischi dei cambiamenti di rotta in corso a Washington DC. Non ci sorprendono quindi né la recente volatilità scatenata dalla guerra commerciale né i commenti del Presidente USA circa un imminente periodo di “transizione” economica.

Per i più pessimisti, la “transizione” di cui parla Trump fa rima con “recessione”. Il ragionamento è il seguente. I tagli alla spesa pubblica equivalgono a una stretta fiscale, per lo meno nel breve periodo. Inoltre, i dazi doganali alimentano incertezze e inflazione, rendendo più difficile per le aziende assumere personale, investire e pianificare l’attività con precisione. Al contempo, le deportazioni di massa potrebbero far salire prezzi e stipendi, ma anche intaccare la domanda al consumo statunitense, dato che la maggior parte degli immigrati compra prodotti localmente anziché importarli dall’estero.

Queste sono in sostanza le motivazioni comuni che alimentano le discussioni sulla recessione. Si tratta di preoccupazioni in linea con quanto abbiamo già anticipato e del tutto ragionevoli. Eppure non tengono conto di un punto fondamentale. Perché mai il Presidente Trump dovrebbe rischiare consapevolmente una recessione? Che strategia si cela dietro al suo metodo? Sta emulando il Presidente argentino Javier Milei e il suo “approccio della motosega”? (Cfr. grafico della settimana.) Che cosa potrebbe andare bene?

Iniziamo col dire che il Presidente Trump deve agire subito, perché adesso può permettersi di prendere degli impegni e ha tutto il tempo per rimediare a eventuali danni prima delle elezioni di metà mandato del 2026.

I media danno grande spazio alla guerra commerciale scatenata da Trump, ma molte delle politiche del neo Presidente USA sono di fatto orientate alla crescita. Basti pensare agli sgravi fiscali, alla deregulation, al rimpatrio della produzione, ecc. Queste manovre potrebbero rafforzare l’economia nel tempo.

Precisiamo che, qualora la volatilità legata alla guerra dei dazi dovesse superare la poco chiara “soglia del dolore” di Trump, questi potrebbe facilmente annunciare a sorpresa buoni progressi su un accordo. Potrebbe anche essere successo mentre andiamo in stampa, o forse sta succedendo adesso mentre leggete.

La cosa interessante è questa: i legittimi timori per la crescita degli Stati Uniti potrebbero penalizzare i mercati, ma d’altro canto potrebbero accelerare i tempi per un allentamento della politica monetaria da parte della Federal Reserve e un aumento degli stimoli fiscali. Questo permetterebbe al Presidente Trump di dire agli elettori di aver mantenuto le promesse prima delle elezioni di metà mandato del 2026.

Il presidente argentino Milei ha indotto una dura recessione dopo la sua elezione del 23 novembre, ma da allora la crescita si è ripresa
Il presidente argentino Milei ha indotto una dura recessione dopo la sua elezione del 23 novembre, ma da allora la crescita si è ripresa

Fonte: IMF; St. Louis Federal Reserve; as of 10 March 2025
I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri

La settimana prossima

Preparatevi: la prossima settimana potrebbe essere interessante. Sono in arrivo una marea di dati economici e a una lunga serie di importanti annunci di politica monetaria e fiscale.

In Europa, occhi puntati sulla questione del freno all'indebitamento della Germania. Gli investitori vogliono sapere se il probabile futuro cancelliere tedesco, Friedrich Merz, avrà i numeri per allentare le restrizioni fiscali del Paese, una svolta che potrebbe consentire un aumento della spesa pubblica per armamenti e infrastrutture. Nel frattempo, giovedì 20 marzo la Bank of England potrebbe decidere di mantenere invariati i tassi di interesse dopo i tagli dello scorso mese. Di recente il governatore della banca centrale inglese ha commentato che la guerra commerciale del Presidente Trump potrebbe avere effetti “considerevoli”. Sul fronte economico, si attendono alcuni importanti report a livello di area geografica, tra cui l’indice del sentiment economico tedesco ZEW, l’indicatore della fiducia dei consumatori dell’area euro e il tasso di disoccupazione del Regno Unito.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, alla mezzanotte di venerdì 14 marzo è prevista l’interruzione dei servizi federali non essenziali se il Congresso non raggiungerà un accordo che garantisca il finanziamento del governo. Al contempo, sebbene la prossima ondata di dazi entrerà in vigore solo il 2 aprile, il Presidente Trump potrebbe annunciare a sorpresa novità riguardanti la guerra commerciale in qualsiasi momento. È in questo contesto che mercoledì 19 marzo si terrà la riunione della Federal Reserve statunitense, con i mercati dei future che al momento non prevedono nessuna variazione nei tassi di interesse. Per gli appassionati di economia, la prossima settimana saranno pubblicati anche i dati USA sulle vendite al dettaglio, sulla produzione industriale e sul segmento residenziale.

Gli investitori asiatici continueranno a seguire gli sviluppi internazionali, mentre si occupano dei principali eventi locali. Ad esempio le decisioni ravvicinate di politica monetaria della Banca del Giappone e della People’s Bank of China rispettivamente mercoledì 19 e giovedì 20 marzo. Mentre il Giappone non è stato ancora coinvolto nella guerra dei dazi, la Cina è stata già colpita due volte dal Presidente Trump e ha iniziato a passare alle contromisure. In quest’area geografica i dati economici più importanti riguarderanno le vendite al dettaglio e la produzione industriale cinesi, le importazioni e le esportazioni del Giappone e l’inflazione CPI giapponese.

Cordialmente,

Greg Meier
Director, Senior Economist, Global Economics and Strategy

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